Evento passato

24 ottobre 2023

Sala Teatro

20:30

25 ottobre 2023

Sala Teatro

20:30

Antonio Latella, una delle figure più significative del teatro contemporaneo, porta in scena la più celebre delle commedie di Goldoni, La locandiera, primo testo italiano con protagonista una donna, Mirandolina, qui interpretata da Sonia Bergamasco, Premio Ubu 2022 come miglior attrice.

Mirandolina gestisce la locanda ereditata dal padre insieme al fedele Fabrizio, cui è legata da una promessa di matrimonio fatta al padre prima che morisse. Due clienti, il Conte d’Albafiorita e il Marchese di Forlipopoli, entrambi innamorati di lei, si contendono le sue attenzioni usando le armi che hanno a disposizione: i soldi uno e il titolo nobiliare l’altro. La donna, però, riesce con intelligenza e superiorità ad arginare i corteggiamenti, ricavandone anche qualche piccolo dono. Di fronte alla misoginia del Cavaliere di Ripafratta, altro cliente della locanda, che dichiara con forza il suo disprezzo verso le donne, Mirandolina si sente sfidata nel suo potere di seduzione e decide di mettere in atto un piano per farlo capitolare. Tra equivoci e inganni, arricchiti e movimentati anche dall’arrivo in locanda delle due attrici Ortensia e Dejanira, Mirandolina riesce nell’intento di far innamorare il Cavaliere, il quale però perderà la testa diventando pericoloso. La quiete si ristabilisce quando Mirandolina accetta di sposare Fabrizio, mettendo così fine alle pretese di tutti gli altri corteggiatori. Ma, come in altre opere goldoniane, la fine degli intrighi porta con sé un’ombra di malinconia…  

di
Carlo Goldoni

regia
Antonio Latella

con
Sonia Bergamasco
Marta Cortellazzo Wiel
Ludovico Fededegni
Giovanni Franzoni
Francesco Manetti
Gabriele Pestilli
Marta Pizzigallo
Valentino Villa

dramaturg
Linda Dalisi

scene
Annelisa Zaccheria

costumi
Graziella Pepe

musiche e suono
Franco Visioli

luci
Simone De Angelis

assistente alla regia
Marco Corsucci

assistente alla regia volontario
Giammarco Pignatiello

produzione
Teatro Stabile dell’Umbria

Il Cavaliere di Ripafratta, Ludovico Fededegni

Il Marchese di Forlipopoli, Giovanni Franzoni

Il Conte di Albafiorita, Francesco Manetti

Mirandolina, locandiera, Sonia Bergamasco

Ortensia, comica, Marta Cortellazzo Wiel

Dejanira, comica, Marta Pizzigallo

Fabrizio, cameriere di locanda, Valentino Villa

Servitore, Gabriele Pestilli

Penso a Café Müller di Pina Bausch. Penso ad una donna nata e cresciuta nella Locanda. Un luogo-mondo che accoglie infiniti mondi. 
Nel testo goldoniano il tema dell’eredità è il punto cardine di tutto.
Mirandolina, seduta sul letto di morte del padre, riceve in eredità la Locanda, ma anche l’ordine di sposarsi con Fabrizio, il primo servitore della Locanda. In questo credo che ci sia una inconsapevole identificazione del padre con il servo, come erede virtuale in quanto maschio. Più che un uomo per la figlia, il padre sceglie un uomo per la Locanda, un uomo pronto a tutto pur di proteggere la Locanda. 
Credo che Goldoni con questo testo abbia fatto un gesto artistico potente ed estremo, un gesto di sconvolgente contemporaneità: innanzitutto siamo davanti al primo testo italiano con protagonista una donna, ma Goldoni va oltre, scardina ogni tipo di meccanismo, eleva una donna formalmente a servizio dei suoi clienti a donna capace di sconfiggere tutto l’universo maschile, soprattutto una donna che annienta con la sua abilità tutta l’aristocrazia. Di fatto Mirandolina riesce in un solo colpo a sbarazzarsi di un cavaliere, di un conte e di un marchese. Scegliendo alla fine il suo servitore come marito fa una scelta politica, mette a capo di tutto la servitù, nobilita i commercianti e gli artisti, facendo diventare la Locanda il luogo da dove tutta la storia teatrale del nostro paese si riscriverà, la storia che in qualche modo ci riguarda tutti. Goldoni fa anche un lavoro sulla lingua, accentuando un italiano toscano. Per essere Mirandolina bisogna essere capaci di mettersi al servizio dell’opera, ma anche non fare del proprio essere femminile una figura scontata e terribilmente civettuola, cosa che spesso abbiamo visto sui nostri palcoscenici. Spesso noi registi abbiamo sminuito il lavoro artistico culturale che il grande Goldoni ha fatto con questa opera, la abbiamo ridimensionata, cadendo nell’ovvio e riportando il femminile a ciò che gli uomini vogliono vedere: il gioco della seduzione. Goldoni, invece, ha fatto con questo suo testamento, una grande operazione civile e culturale. Siamo davanti ad un manifesto teatrale che dà iniziò al teatro contemporaneo, mentre per una assurda cecità noi teatranti lo abbiamo banalizzato e reso innocente. La nostra mediocrità non è mai stata all’altezza dell’opera di Goldoni e, molto probabilmente, non lo sarò nemmeno io. Spero, però, di rendere omaggio ad un maestro che proprio con Goldoni ha saputo riscrivere parte della storia teatrale italiana: parlo di Massimo Castri.