Gabriele Lavia, tra i più grandi maestri della scena teatrale, è protagonista e regista di Re Lear, uno dei capolavori della drammaturgia shakespeariana che da oltre quattrocento anni custodisce le molteplici sfaccettature di un tempo ancora attuale.
L’eterna tragedia del potere, dove si consuma la conflittualità del rapporto tra padri e figlie e figli, in una vicenda di paternità ed eredità, irrompe sulla scena attraversata dal campionario di passioni, tradimenti e miserie dell’esistenza umana. Scritto all’inizio del Seicento, il testo si basa sulla leggenda di Lear, re della Britannia, prima che diventasse parte dell’Impero Romano, la cui storia era già stata narrata in cronache, poemi e sermoni, ma che Shakespeare ha saputo rendere immortale grazie a una pluralità di personaggi di potente drammaticità, che la regia di Lavia esalta e illumina attraverso il nutrito cast di 14 interpreti.
Lavia definisce Re Lear una storia di perdite: perdita della ragione, perdita del Regno, perdita della fraternità. Nelle sue note di regia si legge: “Non resta che vivere in una tempesta. Ma la tempesta di Lear è la tempesta della sua mente. La tempesta della mente dell’umanità, la morte dell’uomo che ha abbandonato il suo Essere. Ed ora vive il suo non-Essere nella Tempesta della mente, nella Tempesta che lo travolge. E tutti sono travolti. Tranne colui che più degli altri ha sofferto e può “essere-Re” della sofferenza come percorso di conoscenza”.