Evento passato

12 giugno 2024

Ex orologeria Diantus Watch, Castel San Pietro

14:30

13 giugno 2024

Ex orologeria Diantus Watch, Castel San Pietro

14:30
16:00

Nato nell’ambito della collaborazione tra mk e LAC Lugano Arte e Cultura per il festival Lugano Dance Project, MOBILE HOMES – Album degli abitanti del Nuovo Mondo è un progetto che mette in connessione competenze specialistiche differenti ma complementari intorno al tema della corporeità e dell’abitare: un’esplorazione della relazione tra corpi e cose, intesa come possibilità ambientale di reinvenzione dello spazio.

All’inizio del 2024 il LAC suggerisce l’incontro tra Michele Di Stefano, coreografo e direttore artistico della compagnia mk, e l’architetto Riccardo Blumer, professore e già direttore dell’Accademia di Architettura dell’Università della Svizzera italiana a Mendrisio, per un progetto di indagine tra danza e progettazione, articolato con studentesse e studenti dell’Accademia durante il semestre primaverile ed ospitato presso l’ex orologeria Diantus Watch di Castel San Pietro nei giorni del festival.
Con un atteggiamento dinamico e processuale, il laboratorio accosta sistemi coreografici e progettazione di macchine per la generazione di accadimenti imprevedibili: anatomie ed oggetti dialogheranno in un unico paesaggio in movimento, che potrà essere visitato ed attraversato dal pubblico durante la performance durational di Lugano Dance Project. Un ambiente condiviso nato dalla relazione tra anatomie e costruzioni, diverse densità dell’atmosfera, qualità permeabile dei corpi e degli oggetti, scarto, entropia, disgelo, materialità del suono, tangenze strutturali e morbidi crolli.
Il lavoro di Michele Di Stefano è arricchito da una mostra curata dall’Atelier Blumer che racconta, da un punto di vista non solo architettonico, la storia dell’ex orologeria e del suo sviluppo urbano e produttivo. Tra gli obiettivi dell’esposizione vi è quello di comunicare l’importanza dei manufatti e delle architetture, ricordare la storia dei luoghi favorendone la salvaguardia e il riutilizzo, facendo sì che diventino incubatori di cultura. 

Il progetto MOBILE HOMES è la tappa iniziale di PANORAMIC BANANA, articolata insieme a USI Accademia di Architettura di Mendrisio.

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a project by
LAC Lugano Arte e Cultura 

mk 
USI Accademia di Architettura di Mendrisio

curated by 
Michele Di Stefano / mk 

with 
Atelier Blumer and the students of the Academy of Architecture USI of Mendrisio

dancers 
Sebastiano Geronimo
Luciano Ariel Lanza
Flora Orciari
Laura Scarpini
Francesca Ugolini

modular system live
Biagio Caravano

with the support of
Fondazione C. Lab

Coreografo autodidatta e direttore artistico del gruppo mk. Ha ricevuto il Leone d’argento 2014 alla Biennale Danza di Venezia, il Premio Danza&Danza 2018 per lo spettacolo Bermudas, il Premio Ubu 2019 per il migliore spettacolo di danza (Bermudas_forever) e il Premio Speciale Ubu 2021 per Radio India/Oceano Indiano, progetto di coabitazione artistica al Teatro India di Roma. Dal 2022 al 2024 è artista associato di Triennale Milano. Ha ricevuto commissioni coreografiche da Aterballetto, Nuovo Balletto di Toscana, Korean National Contemporary Dance Company e Ballet de Lorraine. Alla circuitazione internazionale degli spettacoli affianca un’intensa attività di proposte sperimentali, tra le quali la Piattaforma della Danza Balinese al Santarcangelo Festival (2014 e 2015), la curatela di Buffalo per il Teatro di Roma nonché workshop di formazione e ricerca per l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche (ISIA) di Urbino e per l’Università IUAV di Venezia.

Si occupa di coreografia e performance dal 2000 e ruota intorno a un nucleo originario di performer e progettualità condivise e trasversali. Il gruppo è da subito invitato nei più importanti festival della nuova scena in Italia e all’estero. Alla circuitazione degli spettacoli si affianca una intensa attività di conferenze, laboratori e proposte sperimentali, tra le quali la Piattaforma della Danza Balinese al Festival di Santarcangelo (2014 e 2015), i progetti per la Biennale Danza 2013-14-15 e Biennale Teatro 2019, un dialogo costante con la Scuola Paolo Grassi di Milano, Anghiari Dance Hub, workshop di formazione e ricerca per la Scuola del Teatro Stabile di Torino e per IUAV di Venezia.

Spazio e Danza, sotto uno stesso cielo chiamato Architettura
di Riccardo Blumer 

In ogni epoca l’essere umano si è sempre fatto accompagnare da grandi domande sull’esistenza, sulla vita. Ci sono poi anche domande che si potrebbero definire più intime o forse anche più semplici.
Il porsi delle domande è l’unico modo per conoscere, per sviluppare una propria evoluzione.
Potrebbe essere quindi coerente partire da una domanda, ricercando se non delle risposte, delle annotazioni lungo il breve viaggio che il pensiero ci porta a fare nella stesura di un testo:

Perché Danza e Architettura sono Arti Applicate che si potrebbero definire complementari e in relazione tra loro?

In prima istanza si può notare come all’interno della domanda si è volutamente specificato come le due Arti siano definite nello specifico “applicate”. 
Infatti Movimenti di Arte Applicata sono apparsi molto chiari a tutti e ben delineati all’interno della Scuola del Bauhaus, dove gli studenti, attraverso la guida di grandi Artisti, Progettisti, Architetti si misuravano attraverso molte discipline tra le quali anche la Danza.

Le domande non sviluppano sempre singole risposte. In molti casi c’è la necessità di articolare diverse direzioni del dialogo, ma tutte con l’obiettivo di trovare un approdo. 
Una prima e rapida risposta alla domanda iniziale potrebbe derivare dal fatto che il corpo vive in uno spazio. Noi viviamo gli spazi, pubblici o privati, all’aperto o chiusi. I corpi all’interno di questi spazi si muovono generando azioni, come fa un danzatore, come allo stesso modo può fare una folla in una chiesa, come anche può fare un operaio in una fabbrica.
I nostri corpi, spesso anche involontariamente generano quotidianamente dei gesti ripetuti, dei codici di movimento che diventano riti e quindi forse delle danze della quotidianità.
Se si riflettesse su quanto appena scritto, potrebbero venire in mente le prime processioni dell’Antica Grecia: le Panatenee, circa nel 500 a.C. 
Una grande quantità di persone, in uno schema ordinato e rigoroso, si recavano da Atene verso il Partenone per rendere omaggio ad Atena. Un’intera comunità che si muoveva come guidata dalle indicazioni di un Coreografo, con il maestoso Tempio a comporre una quinta nel paesaggio. 
Un’ altro esempio, utile a restituire la misura della relazione tra Danza e spazio, potrebbe essere rappresentato dai gesti rituali che si compiono entrando in un luogo di culto, come in una Chiesa. 
Il rito prevede l’ingresso in rigoroso silenzio, si pone la mano destra, solo la destra, all’interno dell’acquasantiera, toccandosi successivamente con un ritmo codificato nel tempo, la testa, il centro del petto, la spalla destra, subito dopo la spalla sinistra. La mano quasi si chiude portandola vicino la bocca, contestualmente si accenna un inginocchiarsi in segno di reverenza al cospetto del grande Crocifisso o di altra immagine sacra.
Quanto appena descritto, potrebbe essere una Danza del quotidiano che si ripete da secoli in uno spazio specifico. Al di fuori dell’Architettura sacra questi gesti perderebbero di significato e quindi di relazione diretta con il contesto.
Nel momento in cui i corpi non dovessero avere più relazioni con gli spazi, con le Architetture, queste diventerebbero abbandonate rinunciando così alla vita.

La Danza e l’Architettura sono unite, da sempre, da un forte legame. Entrambe sono espressione di un utilizzo e relazione del corpo. Basti pensare che prima dell’invenzione delle unità di misura, il corpo era l’unico strumento di misurazione. 
Nel Rinascimento, si potevano utilizzare le Braccia piacentine per misurare le distanze, le quali corrispondevano, specificatamente, all’avambraccio di un corpo, circa 44 cm. 
Tutto il costruito che ci circonda è basato sulle proporzioni del corpo e dei corpi. 
Un danzatore o più danzatori spesso basano i loro movimenti in relazione allo spazio nel quale si trovano.

L’Architetto produce lo spazio, il danzatore lo utilizza, ma entrambi lo misurano attraverso il corpo.
Le due Arti, anche se solo in apparenza lontane, producono dei momenti di didattica esperienziale che i corpi avvertono, entrambi muovendosi, parlando, utilizzando lo spazio.
Si potrebbe affermare che: il movimento e le dimensioni dei corpi producono le regole degli spazi architettonici, ma solo quando queste due unità diventano riti e senso di comunità.
La danza, se fosse tra le origini dell’Architettura, come dice Simone Weil, allora ne sarei felice, perché è questo rito fisico del vivere all’interno del quale vorrei riconoscermi.

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