Evento passato

12 giugno 2024

Asilo Ciani

17:30

Lo storico Asilo Ciani di Lugano, risalente alla fine del XIX secolo, con un patio di 280 metri quadrati sovrastato da un lucernario piramidale che permette allo spazio di essere inondato dalla luce naturale, ospita la restituzione di un atelier residenziale condotto da Marc Brew, coreografo scozzese di origini australiane, tra i pionieri nel campo delle cosiddette Mixed Abilities. 
L’atelier di Brew pone l’accento sull’accessibilità intesa come principio estetico ma anche architettonico: un’occasione per riflettere sui principi cardine che orientano l’architettura inclusiva attraverso i corpi, tra cui la cooperazione interdisciplinare, la sicurezza e la rimozione delle barriere sia fisiche che sociali.
Coreografo con disabilità di fama internazionale, Brew si diverte a riunire le persone per creare uno spazio sicuro e coraggioso in cui possano “correre rischi”, lasciarsi andare ed essere curiose. I partecipanti sono invitati a scoprire la bellezza della differenza attraverso l’esplorazione guidata del movimento, l’improvvisazione e dei compiti creativi. 

 

choreography
Marc Brew

with
professional dancers from the workshop

 

I molti volti di Marc Brew
di Katja Vaghi 

Lugano Dance Project 2024 offre l'opportunità a danzatrici e danzatori professionisti con e senza disabilità di lavorare con Marc Brew, danzatore e coreografo disabile di fama internazionale. Ho chiesto a Marc Brew di parlare delle sue esperienze come coreografo, danzatore, insegnante e come se stesso.

Marc Brew il coreografo

Domanda di riscaldamento: Quando coreografa, sviluppa prima il movimento o la narrazione?
Dipende molto dal progetto, ma la maggior parte del mio lavoro è astratto. Ci può essere un tema o un concetto che sto esplorando e poi sviluppo movimenti basati su azioni e materiale di movimento basato sul mio corpo. Per esempio, negli ultimi anni mi sono interessato alle energie rinnovabili, in particolare alle turbine eoliche. In Scozia, dove vivo, ce ne sono moltissime. Ho quindi realizzato un film su di esse intitolato Renewable. L'anno scorso ho anche realizzato un'opera per l’Hessisches Staatsballett che trattava dell'energia solare, eolica e idrica. Per quel lavoro ho analizzato il movimento delle onde, l'influenza della luna su di esse e abbiamo iniziato a creare materiale di movimento basato sul flusso e sulle onde. Per la mia prima produzione per bambini, The Race, invece, abbiamo sviluppato la storia prima, perché abbiamo mescolato tre favole di Esopo. Ho un grande sogno, un desiderio, ma ve ne parlerò più avanti.

La vita l’ha portato ad avere un'esperienza ampliata delle possibilità di movimento che include i ricordi sedimentati nel corpo del suo passato da danzatore non-disabile e le sue attuali capacità che comprendono anche l'uso della sedia a rotelle. Come aiuta i danzatori a superare l'idea del corpo ideale spesso presente in molte tecniche di danza e ad esplorare nuove possibilità di movimento?
Avevo l’impostazione corporea da un ballerino classico e contemporanea. Quando il mio corpo è cambiato, il mio centro di gravità si è spostato e ho dovuto riqualificarmi, non come danzatore — la danza era ancora in me — ma in ciò che potevo fare con la mia sedia a rotelle. Così mi sono trasferito a New York e ho lavorato con l'Infinity Dance Theater. All'inizio cercavo di capire come trasporre il balletto classico nel mio corpo, come tradurre la funzionalità degli esercizi. Ho dovuto pensare fuori dagli schemi. Come posso fare il movimento di un plié, il piegamento delle ginocchia tipico della danza classica? Posso usare le braccia e il busto per creare un piegamento. E anche come usare la sedia a rotelle per muovermi nello spazio. La danza non era più una questione di gambe alte o di rotazione delle gambe, ma della capacità di esprimersi attraverso il movimento.
Quando lavoro con danzatrici e danzatori non disabili, utilizzo più modi per trasmettere le informazioni, un design universale: posso dimostrare con il corpo, usare delle azioni o delle immagini. La mia disabilità mi ha spinto a investire nella mia pratica coreografica. Le restrizioni sono diventate un tema molto presente nel mio lavoro e come possono offrire nuove e interessanti possibilità. Spesso le danzatrici e i danzatori sono confusi, e quindi li rassicuro dicendo loro “proviamo e vediamo dove ci porta, troviamo delle soluzioni” che altrimenti non avremmo scoperto. Se avessi ascoltato le tutte le persone che mi hanno detto “no, non puoi farlo”, non sarei dove sono ora.

La scelta del luogo è molto importante sia per le artiste e gli artisti che per il pubblico. Quali sono, secondo Lei, gli aspetti più importanti di uno spazio accessibile e inclusivo? Le è mai stato chiesto un consiglio su come rendere lo spazio universalmente più accessibile?
Non sono mai stato interpellato come consulente ufficiale, ma spesso mi viene chiesto un feedback. Spero che, grazie alla mia presenza, quella della mia compagnia e del mio lavoro, le istituzioni siano spinte cambiare. Spero che, grazie alla nostra presenza nei loro spazi, imparino ad essere più inclusivi. Il concetto di accessibilità varia da persona a persona e spesso è ancora un utente non disabile ad attestare l’accessibilità di uno spazio. Io per esempio ho una scheda di accessibilità in cui fornisco i miei requisiti in ambito di accessibilità. È simile alla scheda tecnica che si dà alle istituzioni per i propri requisiti tecnici, ma contiene le esigenze di accessibilità nel caso di disabilità fisiche, neuro-divergenza o difficoltà di apprendimento. Fornisce alle istituzioni, al presentatore o alle persone che hanno programmato lo spettacolo le informazioni necessarie per avere l’artista come ospite.
Spesso le istituzioni hanno lavorato con i loro sostenitori all'accessibilità del pubblico, ma non nel backstage. Devo quindi lavorare con loro per trovare delle soluzioni. Mi sento responsabile nei confronti della prossima generazione, in modo che le istituzioni passino da soluzioni temporanee ad investimenti duraturi adeguati nell'accessibilità del backstage.

Marc Brew il performer 

Domanda di riscaldamento: preferisce lavorare in modo site-specific o in un teatro?
Mi piacciono entrambi. Ho fatto molti lavori all'esterno, site-specific, promenade performance, lavorando in spazi diversi, e anche in teatro. Li amo entrambi e la varietà che offrono. Con il site-specific amo il fatto che ci si avvicini ad un pubblico diverso, persone che si imbattono nelle performance per caso. Mi piace interagire con le persone da vicino. Uso oggetti e allestimenti per le possibilità che offrono. Mi piace risolvere problemi con essi ed esplorare un oggetto nel suo pieno potenziale. In uno dei miei lavori, un'opera chiamata Nocturne, utilizziamo due grandi letti su ruote che vengono trasportati all'aperto. Possono essere uniti per formare un’unica grande superficie. Uno dei motivi per cui ho creato su dei letti è che mi sentivo più sicuro e protetto su di essi piuttosto che a terra. Una volta, mentre mi trovavo a Rio de Janeiro per lavorare a un'altra opera, sono sceso in spiaggia e mi è venuta l'idea per un lavoro intitolato (i)land realizzato su 6 tonnellate di sabbia, con oggetti che spuntano da essa come in un naufragio e una scala di corda su cui si può salire. L’opera tratta il tema del crescere su di un'isola isolata e del modo di cercare una via di fuga. Mi è piaciuto lavorarci, ma fisicamente è stato molto duro per il mio corpo. Non mi ero reso conto della quantità di muscoli intrinseci che si usano per stabilizzare il proprio corpo sulla sabbia. Non farò presto un altro lavoro sulla sabbia. Mi piace incuriosire le persone proponendo loro situazioni strane in cui ci si può imbattere per caso, come i letti all'aperto o della sabbia.

Con questo ha risposto anche alla mia domanda sullo spazio prossimale, lo spazio che ci circonda e che spesso viene dato per scontato finché, a causa di una invalidità anche temporanea, non lo è più, e se ha notato come il suo rapporto con gli oggetti di scena e la scenografia è cambiato.

Marc Brew l'insegnante

Come affronta il lavoro con persone che ha appena conosciuto e di cui non le sono ancora chiare le capacità e i limiti, come nel caso del workshop per il Lugano Dance Project?
Ogni volta che lavoro con un gruppo, sia che si tratti di una compagnia di balletto, di un gruppo di artiste e artisti disabili o di persone disabili che vogliono esplorare il movimento per la prima volta, sia che si tratti di un progetto di danza integrata o inclusiva che riunisce danzatrici e danzatori disabili e non, inizio sempre allo stesso modo. Ho dei rituali mattutini e serali. Ogni giorno facciamo un cerchio per iniziare e ogni giorno pongo una nuova domanda che mi permette di conoscerli meglio. Chiedo sempre anche del loro stato fisico, del livello di energia, una sorta di previsione del tempo della giornata. Possono condividere tutto ciò che abbiamo bisogno di sapere per lavorare con loro. Può trattarsi di problemi fisici, di accessibilità, o di emozioni se hanno un impatto sul livello di energia con cui stanno lavorando. A quel punto ho un'idea chiara dello stato delle persone. Il mio processo consiste nel conoscere Il loro modo di muoversi fisicamente e le scelte artistiche che fanno. Lo faccio dando loro diversi compiti ed esercizi che mi aiutano a capire i loro movimenti. Li porterò quindi ad esplorare il loro corpo, le ossa, i muscoli, i tessuti, le strutture, forme comode e scomode, anche in risposta a luoghi e spazi. Inoltre prenderanno confidenza con il luogo e sperimenteranno la loro presenza in quello spazio. Come ci si sente? Che tipo di energia proviene dallo spazio? Come uso lo spazio io? Quali sono i diversi modi di usare questo spazio in specifico? Se abbiamo degli oggetti: come ci si muove con questo oggetto? Cosa può diventare d’altro? Come può essere utilizzato al di là del suo uso tradizionale? Da questi spunti  si sviluppa il lavoro.

I suoi sforzi pedagogici la coinvolgono direttamente anche nella formazione di insegnanti: perché danzatrici e danzatori, educatrici ed educatori, istituzioni e scuole di formazione di danza dovrebbero prendere seriamente in considerazione l'inserimento della danza integrata nella loro pratica o nel loro programma?
Si tratta di essere inclusivi e rappresentativi. Abbiamo tutti corpi diversi. Viviamo in una società e in un mondo che non sono perfetti. Si tratta di fare la cosa giusta. Si tratta di aprire la porta in modo che le persone possano avere accesso e informazioni. 
Quando le persone disabili entrano nel mondo della danza, è più interessante, perché non sono tutte uguali. Alcuni coreografe o coreografi potrebbero volere creare un unisono, ma l'unisono può essere fatto in molti modi. Che cos'è l'unisono? Si tratta di essere esattamente tutti uguali, o di un uso dello spazio simile, della temporalità o della direzione? Stiamo facendo cose diverse, ma siamo sullo stesso tragitto, nella stessa direzione, in un'unità.
Dobbiamo avere un dialogo aperto, dobbiamo fare domande - io dico spesso di non dare mai niente per scontato - e così possiamo scoprire la singola persona, le sue esigenze e il suo modo di muoversi. Poi possiamo iniziare a offrire nuove possibilità o modi di sfidarle/i in modo sicuro per migliorare.
In qualità di artista disabile, attraverso il mio lavoro, ho la responsabilità nei confronti della prossima generazione di spingere per un cambiamento e anche di creare opportunità in modo che possano accedere alla danza e ad opportunità in danza. Questa responsabilità la hanno anche le istituzioni di danza, le compagnie e il mondo della formazione.

Immagino che non tutti gli spazi siano ottimali per l'insegnamento. Che ruolo ha lo spazio in cui insegnata o svolge le prove?
Voglio creare un ambiente accessibile e inclusivo, in modo che le persone si sentano benvenute. In gran parte si tratta di capire quali sono le barriere e di trovare soluzioni a tali barriere, per poi dare alle persone lo spazio di cui hanno bisogno all'interno di una classe. inoltre le classi di danza tradizionali non sono sempre la struttura migliore. Per esempio, le persone hanno bisogno di spazio per condividere le loro esigenze. È anche necessario avere modi alternativi di trasmettere le informazioni in classe. Tradizionalmente le e gli insegnanti di danza insegnano per la maggiore con il corpo e le ballerine e i ballerini copiano. Lo faccio anche io, ma come parte dei molteplici livelli dei “principi di Marc-Brew” dell'insegnamento inclusivo, che utilizza immagini, descrizioni, dimostrazioni, musica e suoni per fornire le informazioni, attraverso un linguaggio accessibile. Spesso le persone disabili vogliono imparare la danza classica o altre tecniche come quella di Martha Graham. Io guardo sempre all'intenzione che sta dietro ad un movimento e a come ritrovarla nel corpo. Quindi, se dovessi fare un demi-plié, una mezza flessione del ginocchio, si tratta di trovare quel livello di flessione nel corpo.

Marc Brew come Marc Brew

Cosa la impegna attualmente e cosa desidera?
Ho detto che sarei tornato su questo argomento: vorrei coreografare un balletto, un balletto narrativo. E qui rendo pubblico questo mio desiderio. 
Il secondo desiderio è legato al mio insegnamento. Ho appena partecipato ad un programma di danza inclusiva a Cork, in Irlanda. Tutto ciò che insegno riguarda l'inclusione e l'apertura di menti e corpi alle possibilità di esplorare la danza in modi alternativi. Desidero che le persone (ri)trovino la gioia nella danza. Non è necessario diventare professionista per godere della danza e dei suoi benefici psico-fisici. 
Cerco anche di riportare la gioia nella disciplina della danza. La danza è duro lavoro disciplinato, ma spesso dimentichiamo che può essere divertente e piacevole. Il mio lavoro è la mia passione e trovo difficile quando mi imbatto in persone negative con una visione ristretta della danza. Con il mio lavoro cerco di cambiare queste cose. Questo cambiamento può venire da individui come me, ma anche da istituzioni. Ma queste ultime devono investire in tal senso.

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