lunedì 04 settembre

Sala Teatro
da 69.- a 159.- CHF

mercoledì 06 settembre

Sala Teatro
da 69.- a 159.- CHF

venerdì 08 settembre

Sala Teatro
da 69.- a 159.- CHF

domenica 10 settembre

Sala Teatro
da 69.- a 159.- CHF

La nuova produzione lirica Anna Bolena di Gaetano Donizetti inaugura la stagione 2023/24 del LAC, debuttando in prima assoluta in Sala Teatro lunedì 4 settembre alle ore 19:30, seguita da tre repliche.

Prima opera delle ‘tre regine’ donizettiane - insieme a Maria Stuarda e Roberto Devereux - Anna Bolena rappresenta una delle vette più alte della produzione operistica di Gaetano Donizetti e dell’opera romantica in generale.

Dopo il successo de Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini (2018) e de La traviata di Giuseppe Verdi (2022), il LAC torna a produrre un’opera lirica e lo fa scegliendo Anna Bolena, tragedia lirica in due atti di Gaetano Donizetti su libretto di Felice Romani, diretta dal Maestro Diego Fasolis alla guida de I Barocchisti con il Coro della Radiotelevisione svizzera e con la regia di Carmelo Rifici.

Il cast si compone di Carmela Remigio (Anna Bolena – ruolo grazie a cui ha vinto nel 2016 il prestigioso Premio Abbiati come miglior cantante al Festival Donizetti Opera), Marco Bussi (Enrico VIII), Arianna Vendittelli (Giovanna Seymour), Ruzil Gatin (Lord Riccardo Percy), Paola Gardina (Smeton), Marcello Nardis (Sir Hervey). Il resto del cast è in via di definizione.

Un allestimento prodotto da LAC Lugano Arte e Cultura in coproduzione con Associazione “I Barocchisti”, RSI Radiotelevisione svizzera, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione Teatro Comunale di Modena, in collaborazione con LuganoMusica.

Tragedia lirica in due atti

libretto di
Felice Romani

musica di
Gaetano Donizetti

direzione musicale
Diego Fasolis

regia
Carmelo Rifici

I Barocchisti

Coro della Radiotelevisione svizzera

maestro del coro
Andrea Marchiol

interpreti
Carmela Remigio, Anna Bolena
Marco Bussi, Enrico VIII
Arianna Vendittelli, Giovanna Seymour
Ruzil Gatin, Lord Riccardo Percy
Paola Gardina, Smeton
Marcello Nardis, Sir Hervey
e cast in via di definizione

scene
Guido Buganza

disegno luci
Alessandro Verazzi

costumi
Margherita Baldoni

movimenti scenici
Alessio Maria Romano

assistenti alla regia
Catherine Bertoni de Laet, Lorenzo Ponte

produzione
LAC Lugano Arte e Cultura

in coproduzione con
Associazione “I Barocchisti”, RSI Radiotelevisione svizzera, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione Teatro Comunale di Modena

in collaborazione con
LuganoMusica

 

Atto primo

Da qualche tempo re Enrico, innamorato di un’altra donna, si tiene lontano dalla sua consorte Anna, e i cortigiani ne soffrono; fra questi Giovanna Seymour, dama di compagnia della Regina che, innamorata di Enrico, vorrebbe non avere rimorsi nei confronti di Anna. Afflitta e inquieta, la Regina, chiede al paggio Smeton di cantare; Smeton intona una romanza dolente, che la rende malinconica. Il Re non raggiunge la sua sposa e, poiché la notte è molto avanzata, tutti si ritirano. Rimane solo Giovanna; Enrico la raggiunge passando da una porta segreta e le rinnova il suo amore. Giovanna è combattuta fra la lealtà ad Anna e l’amore per Enrico, ma Enrico ha ormai deciso: Giovanna dovrà essere sua, e per liberarsi della moglie la accusa di essersi macchiata di una colpa gravissima e che il loro matrimonio sarà presto sciolto.

Rochefort, fratello di Anna, e Riccardo Percy, che torna dall’Inghilterra dopo anni di esilio, si incontrano nel Castello di Windsor. Percy richiamato da Enrico, desidera avere notizie di Anna, che ancora ama, e verso la quale torna a nutrire speranza, in quanto ha saputo che il Re non la ama più. Rochefort lo invita alla prudenza; giungono i rumori della caccia che segnalano l’arrivo del Re, dei cortigiani e di Anna. Percy ringrazia il Re per avergli consentito di tornare in patria, ma Enrico si schermisce, affermando che non è stato lui l’artefice del perdono, bensì Anna, la quale, imbarazzata, riceve il baciamano di Percy. 

Smeton entra furtivo e osserva con amoroso abbandono un ritratto di Anna che porta sempre con sé; sentendo rumore, si nasconde dietro una tenda. Rochefort sta cercando di convincere sua sorella a ricevere, almeno per pochi minuti, l’innamorato Percy; alla fine Anna cede, Rochefort si allontana e Percy entra. Anna cerca di frenare la sua passione, e lo invita a lasciare l’Inghilterra, ma Percy è troppo innamorato per ubbidire, e sfoderando la spada, minaccia di uccidersi. Anna lancia un grido, Smeton vuole fermare Percy; Rochefort rientra spaventato, ed annuncia che sta per giungere il Re accompagnato da Hervey, ufficiale delle guardie, da Giovanna e dai cortigiani. Enrico accusa Anna di tradimento; Smeton cerca di difenderla, ma mentre si avvicina al Re, il ritratto di Anna cade. Convinto che questo sia una conferma del tradimento, ordina a Hervey di arrestare tutti: Percy, Rochefort, Smeton ed Anna.


 

Atto secondo

In una stanza adiacente a quella in cui è custodita Anna, le damigelle della Regina ne piangono il triste destino; lei, pallida e afflitta, le ringrazia, ma in quel momento sopraggiunge Hervey che, su ordine del Re, le allontana allo scopo di isolarla ancora di più. Giovanna, in preda al rimorso, conforta Anna e le suggerisce di assumersi la colpa del tradimento come unica via possibile per evitare la morte. Anna, sdegnata, rifiuta, ma Giovanna insiste. Anna, colpita, vuole conoscere il nome della rivale e quando capisce che la sua rivale è proprio Giovanna, ha un moto di repulsione; poco dopo si intenerisce e perdona, convinta che il colpevole sia Enrico, che ha sedotto il cuore inesperto della fanciulla. 

I cortigiani attendono ansiosi il verdetto dei giudici; poco dopo vengono informati da Hervey che Smeton ha confessato, svelando l’orribile colpa della Regina. Enrico esce dalla sala del Consiglio, Percy e Anna sopraggiungono scortati dalle guardie. Anna chiede a Enrico di evitarle l’onta di un tribunale, e che sia lui stesso a ucciderla; il Re, nonostante l’appassionato intervento di Percy, è irremovibile e si fa forte della denuncia di Smeton. Anna afferma con forza che è proprio lui, Enrico, il traditore, che ha estorto a Smeton la confessione di un reato che non è mai stato commesso, dichiara di essersi pentita di averlo preferito al nobile e disinteressato Percy, e si dichiara sua sposa, in virtù di un’antica promessa; Percy esulta per questa dichiarazione appassionata, mentre il Re rimane fermo sulle sue posizioni ribadendo che entrambi sono condannati a morte. Anna e Percy vengono allontanati, e il Re conferma a Giovanna che lei sarà Regina. Hervey annuncia ai cortigiani che sono stati tutti condannati a morte; solo il Re ha il potere di concedere la grazia.

Hervey annuncia a Percy e Rochefort che il Re li ha graziati, mentre Anna dovrà morire. Essi rifiutano di vivere, ma dopo un rapido addio vengono allontanati dalle guardie. Le damigelle della Regina, che le sono state vicine fino ad ora, sono turbate dai segni di follia di Anna che alterna immobilità e mutismo a sorrisi e movimento, in preda a visioni e deliri: nella sua mente scorrono le immagini delle nozze con il Re, dell’abbandono di Percy, del suo perdono, del castello dove è nata e dove ha vissuto a lungo giorni felici. Scortati da Hervey, entrano Percy, Rochefort e Smeton. Quest’ultimo si prostra ai suoi piedi, chiedendole perdono, ma lei non comprende, e lo invita a suonare l’arpa, come ultima preghiera di speranza. In lontananza si sentono le voci di giubilo che acclamano Giovanna Regina; Anna capisce, e, dopo aver pronunciato un’ultima parola di perdono, sviene.

La bellezza di quest’opera, ciò che di questa Bolena mi ha affascinato e sedotto, sta nella sua capacità ed elevatezza drammatica. Il libretto di Felice Romani non è solo di grande supporto alla musica, qui magistrale, di Donizetti, ma per la prima volta riesce a creare, insieme alla musica, un personaggio tragico a tutto tondo: Anna, vero fulcro drammatico di tutta l’opera, di una forza espressiva mai raggiunta in precedenza dal Romani. Non solo: la precisione psicologica dei personaggi, la capacità drammatica dei duetti, l’introspezione, così puntuale nel percorso che conduce Bolena fino alla morte, grazie alla sorprendente cabaletta, rendono quest’opera quasi unica. Sicuramente un punto di arrivo per lo stesso Donizetti. Quest’opera è per un regista una sfida davvero interessante. Fuori dalle opere cosiddette “conosciute” dal grande pubblico, in assenza di arie famose, la via crucis di Bolena si dispiega davanti ai nostri occhi in tutta la sua “oggettiva coerenza drammatica”. Qui bel canto e interpretazione magicamente si sposano.
Ascoltando l’opera non mi era possibile rinunciare ad un’immagine dinamica dello spettacolo.
La musica stessa sembra trasportarti in un mondo dove tutto di muove, senza sosta; nonostante i lunghi duetti, anzi proprio grazie alla lunghezza delle sezioni della partitura, è possibile al regista di penetrare nei labirinti mentali e spirituali dei personaggi. La trama interiore e quella narrativa si muovono insieme. La sensazione che resta addosso ad ogni ascolto è proprio questa: il dramma si muove minaccioso verso Anna. Il dato di realtà dell’opera è quello che evita di farne la storia di una vittima, di una martire. Anna si mostra dall’inizio consapevole delle sue ambizioni e della tragica conclusione che una cieca ambizione, che soffoca desideri e amori, è destinata a subire. Anna sa che avvicinarsi troppo a quella folle, patologica mente di Enrico VIII, non solo sia pericoloso, ma ineluttabilmente catastrofico. Ma l’ambizione non si ferma di fronte a niente. L’ambizione si muove spavaldamente, frenata solo in alcuni passaggi dove l’amore fa capolino. Un tentativo troppo fragile per arrestare il mare impetuoso della cieca bramosia del potere e del desiderio.
Questo eterno movimento, questa forza inarrestabile, così sottilmente amplificata da un coro tragico che accompagna sentimentalmente la tragedia fino alle sue nefaste conseguenze, mi ha fatto immaginare uno spazio scenico minaccioso e tumultuoso. Ho immaginato uno spazio che impedisce ai personaggi di trovare protezione o conforto. Uno spazio in bilico. Voglio restituire al pubblico quella stessa sensazione inarrestabile che ho provato anche io studiando l’opera. Lo spazio non è rassicurante, ma cangiante, labirintico. Porta i personaggi alla perdizione e allo smarrimento. Allo stesso tempo non è uno spazio realistico, ma dell’anima. Le stanze che i personaggi attraversano sono stanze interiori, aprono le porte alle loro paure, alle loro pulsioni più brutali. Per questo ho evitato dettagli troppo realistici, preferendo, al contrario, immaginare oggetti e suppellettili simbolici e artistici, capaci di contenere la forza brutale del dramma, ma anche di far vivere l’esigenza sentimentale dei personaggi, il loro bisogno di amore. Le famiglie reali inglesi hanno qualcosa di carismatico, generano in noi, ancora oggi, un turbamento. La storia dell’Inghilterra, che si svolga in un dramma elisabettiano, che finisca su un rotocalco, o, come in questo caso, sublimata nella musica donizettiana, non finisce mai di interrogarci. Apre in noi la questione morale dell’ambizione, del potere e della violenza. Senza nessun desiderio di attualizzazione, non volevo però, per amplificare questa fascinazione, incastrare lo spettacolo in una forma troppo classica, troppo distante da noi, ho preferito immaginare costumi non di epoca 500esca.

Esattamente come la scena, anche i costumi devono riverberare di quella forza drammatica di cui i personaggi sono intrisi. I costumi di questo spettacolo non sono “decorativi” ma “strutturali”, nei loro colori accesi, nella forza della loro materia, nel taglio contemporaneo, hanno il compito di creare nel pubblico un immaginario universale, capace ancora di parlarci, di renderci responsabili di una vicenda umana.
Viviamo in un tempo che non ha superato l’ambizione personale, anzi, la storia contemporanea ci mostra di quanta efferatezza si nutra il potere, ancora ingordo di ingiustizie. La forza di questa Bolena, che fa della sua protagonista un monito, troppo umano per lasciarci freddi e distaccati, sta proprio nella capacità del suo creatore di immedesimazione. La musica di Donizetti, il testo di Romani, sono così intrinsecamente legati, così drammaticamente reali nella loro evoluzione, che non potevano non essere assecondati nella regia. Auguro quindi agli spettatori di abbandonarsi a quel “viaggio” cupo e passionale, a quel movimento tragico della protagonista, che rimarca, oggi più di ieri, come la Hybris sia sempre e puntualmente punita dagli Dei.

Anna Bolena e il melodramma al confine tra Classicismo e Romanticismo

Il 1830, anno di composizione di Anna Bolena, segna per la storiografia una capitale svolta nel contesto politico, socio-economico e culturale europeo; importanti cambiamenti danno avvio, da una parte, a successivi decenni di crisi sociale e, dall’altra, al progresso economico-industriale. La nuova ondata di rivoluzioni (1829-1834), le trasformazioni industriali ed urbane, l’erosione del potere aristocratico e l’ascesa della grande bourgeoisie - frequentatrice dei teatri e sensibile alla riflessione del pensiero liberale anti-assolutista e democratico - riguardano la maggior parte degli Stati europei e costituiscono un contesto immanente capace di influenzare gli ambienti intellettuali, le arti, nonché lo stesso genere del melodramma.
Nella Milano asburgica del 1830, gli impresari Marietti e Soleri con il duca Pompeo Litta acquistano il Teatro Carcano commissionando un’opera a ciascuno dei due giovani compositori, Gaetano Donizetti e Vincenzo Bellini, già considerati «ai vertici dell’Olimpo musicale italiano». Per la redazione di entrambi i libretti è incaricato dai committenti il celebre poeta genovese Felice Romani (1788-1865), librettista ricercato dai più rinomati compositori d’opere. Il 1° agosto Gaetano Donizetti (Bergamo, 1797-1848) firma il contratto per Anna Bolena e l’opera viene rappresentata al Carcano il 26 dicembre del 1830. Vincenzo Bellini, a sua volta, porterà sulle medesime scene Sonnambula il 6 marzo dell’anno successivo. Il pubblico tributerà ad entrambe le opere importanti successi decretandone un immediato seguito, anche a livello internazionale.
Anna Bolena è la XXXIV delle oltre settanta opere del catalogo donizettiano e si presenta come una tragedia lirica in due atti ispirata alla storica vicenda della seconda moglie del re d’Inghilterra Enrico VIII, ambientata nel 1536 presso il Castello di Windsor (I atto) e le prigioni della Torre di Londra (II atto). Le fonti del libretto sono l’omonimo dramma (1788) di Alessandro Pepoli e la tragedia Enrico VIII, ossia Anna Bolena (1816) di Ippolito Pindemonte (quest’ultima è in realtà una traduzione dell’Henri VIII del 1791 di Marie-Joseph de Chenier, fratello del noto Andrea).
Romani consegna il testo definitivo agli inizi di novembre del 1830. Donizetti si ritira a Blevio, sul Lago di Como presso la villa del celebre soprano Giuditta Pasta - con la quale il compositore si confronta direttamente - e conclude il lavoro in meno di trenta giorni. L’opera ha enorme risonanza e Giuditta Pasta diventa la prima acclamata interprete del ruolo protagonista al fianco del tenore Giovanni Battista Rubini - nella parte dell’antico fidanzato di Anna, Lord Riccardo Percy - e del basso Filippo Galli (Enrico VIII).
In occasione di Anna Bolena, Felice Romani e Gaetano Donizetti, pur avendo già collaborato, si misurano con la tragicità di un soggetto squisitamente romantico in grado di consolidare un gusto che porterà di lì a poco lo stesso Donizetti a scrivere ad un committente in questi termini: «Voglio amore, che senza questo i soggetti sono freddi, e amor violento». È stato peraltro osservato come gli autori, pur non portando in scena il patibolo, abbiano in ogni caso rappresentato la condanna a morte di una regina, evidenziando un messaggio simbolico di contrasto nei confronti del potere oscurantista e reazionario delle monarchie dell’epoca condannate inesorabilmente alle riforme democratico-costituzionali o alla definitiva dissoluzione dagli inarrestabili moti libertari. Il libretto di Felice Romani è di segno marcatamente liberale e rivela una «invettiva contro la spietata tirannide assolutista (…), sottolineando l’insopportabile carattere tirannico di Enrico e quello antitetico di una simbolica Anna “vittima rassegnata”».
La composizione dell’opera, sebbene sia avvenuta nel tempo di una breve parentesi lombarda, si pone infatti nell’arco cronologico del lungo soggiorno partenopeo di Donizetti (1822-1838). Per quanto dagli epistolari del compositore bergamasco - a differenza di ciò che accade per Verdi - trapeli ufficialmente un dissimulato disinteresse per la questione nazionale italiana, emergono tuttavia notevoli difficoltà nei suoi rapporti con l’autorità amministrativa di Napoli. L’Ufficio dei censori borbonici è infatti solito intervenire molto più pesantemente dei colleghi austriaci di Milano sui libretti destinati all’opera e al teatro; alle idee liberali provenienti d’Oltralpe il medesimo Ufficio interpone barriere ed intensifica una sorveglianza paternalistica sulla stessa moralità dei contenuti da presentare al popolo. Per questa ragione, per quanto i vantaggi di natura pratica non manchino (tra cui la disponibilità dei più noti cantanti ed un pubblico permeato da una forte tradizione operistica) l’ambiente napoletano si rivela ben presto «frustrante e troppo angusto»; Anna Bolena è peraltro rappresentata anche a Napoli, ma in seguito al successo iniziale e alla conseguente grave preoccupazione della censura per lo stesso soggetto, l’opera viene bandita. La partenza definitiva di Donizetti da Napoli è dettata non soltanto dalla tragica scomparsa della moglie e dalla mancata nomina a direttore del Conservatorio di musica, bensì soprattutto dalla «impossibilità di lavorare secondo la propria concezione operistica, nella super controllata atmosfera teatrale e politica del Regno delle Due Sicilie. Non avrebbe potuto durare all’infinito il conflitto con le autorità politiche della città» . La trama dell’opera è efficacemente riferita nell’Avvertimento che lo stesso Felice Romani antepone al libretto: «Enrico VIII, re d’Inghilterra, preso d’amore per Anna Bolena, ripudiò Caterina d’Aragona, sua prima moglie, e quella sposò; ma ben tosto di lei disgustato, e invaghito di Giovanna Seymour, cercò ragioni di sciogliere il secondo suo nodo. Anna fu accusata di aver tradita la fede coniugale (una presunta e artefatta tresca con l’antico fidanzato Lord Riccardo Percy n.d.r.), e complici suoi furono dichiarati il conte di Rochefort suo fratello, Smeton musico di corte, ed altri gentiluomini del re. Il solo Smeton confessossi colpevole, e su questa confessione Anna fu condannata al supplizio con tutti gli accusati». Il librettista prosegue esprimendo uno scrupolo per la verità storica che denota una personale delicatezza nei riguardi della protagonista: «È incerto ancora s’ella fosse rea. L’animo dissimulatore e crudele di Enrico VIII fa piuttosto credere ch'ella era innocente. L’autore del melodramma si è appigliato a cotesta credenza come più acconcia ad un lavoro da rappresentarsi in teatro: per questo riflesso gli sia perdonato se in alcuna parte si discostò dall’istoria. Qualsiasi l’orditura dell’azione ei non dice: sarà essa facilmente rilevata dal lettore».
I poli tematici essenziali del dramma si snodano dalla superbia umana fino alla catarsi nella follia e al perdono della regina condannata a morte. I protagonisti prediligono infatti l’ambizione sociale a discapito dell’amore: «non del consueto eccesso d’amore, infatti, peccano i due protagonisti, ma di superbia umana (…) di hybris secondo la concezione della tragedia greca e quindi di negligenza d’amore per cui verranno puniti con la morte. (…) In tutta l’opera Anna figura come una sconfitta (Ella è regina…/ ogni sua gioia è questa. I,6)». Nel finale Anna, calunniata e innocente, comunque segnata dall’ambizione che ha soffocato l’antico amore, è in preda ad un delirio catartico che recupera tempi e luoghi (Al dolce guidami/ castel natio/ ai verdi platani/al quieto rio) del passato vissuto con l’amato Percy, svelando in tal modo l’autentica umanità della regina. L’opera si chiude con lo sdegno (Chi mi sveglia? Ove sono? Che sento? / suon festivo? Che fia? Favellate?) di Anna Bolena che ode i colpi di cannone e le campane a festa per le nuove nozze di Enrico - da Lei perdonato – per quindi avviarsi alla morte (…l’estrema vendetta/non impreco in quest’ora tremenda;/nel sepolcro che aperto m’aspetta/col perdon sul labbro si scenda…) .
È noto che lo stesso Giuseppe Mazzini, nella sua Filosofia della musica (1847), definisce Anna Bolena “un’epopea musicale” ravvisandovi una prima ed assoluta originalità di carattere di Gaetano Donizetti rispetto alle imperanti tendenze rossiniane del tempo ed esaltandone l’afflato patriottico di cui l’opera è intrisa. Anche sulla base di questa affermazione Anna Bolena, secondo la tesi tradizionale, dovrebbe qualificarsi come la prima grande opera romantica, una sorta di capolavoro “improvviso”, con cui Donizetti dopo avere ricevuto il melodramma dall’innovativo Classicismo di Rossini ed averlo avvicinato al “belcanto” belliniano, lo fa transitare su un ponte ideale per condurlo alle soglie del Romanticismo verdiano. È stato infatti sottolineato come Donizetti abbia elaborato «una poetica musico-teatrale romantica, mentre Verdi si sarebbe incaricato di una seconda poetica romantica (e di una terza fino ad annunciare quella decadente)» . Lo stesso Donizetti definisce nelle sue lettere Anna Bolena come «un torrente impetuoso» affluito nel suo percorso di compositore; tuttavia vi è oggi unanimità nel ritenere che l’opera sia «il culmine di un lento processo di crescita verso la maturità e di arricchimento di esperienze attraverso un lungo elenco di opere serie» scritte prima del 1830 (es. L’esule di Roma, Il Paria, Il castello di Kenilworth e Imelda de’ Lambertazzi) che presentano elementi di stile anche successivi ad Anna Bolena. L’intuizione di Mazzini coglie comunque l’intonazione di un carattere psicologico profondo e penetrante dei personaggi trasfigurati dal testo e dalla musica in «eroi d’una vicenda passionale ed appassionante che la scena narra con il ritmo seducente di un romanzo popolare».
L’opera ha registrato alterne riprese. L’ultima rappresentazione nell’Ottocento è attestata al Teatro alla Scala nel 1877. Ne è succeduto un periodo di oblio finché, in tempi moderni, è stata riproposta nel 1947 al Gran Teatre del Liceu di Barcellona; dopo un’esecuzione italiana nel 1956 nella città natale del compositore, Anna Bolena ha avuto grande seguito soprattutto grazie alla leggendaria interpretazione del 1957 alla Scala di Milano diretta da Gianandrea Gavazzeni, con la regia di Luchino Visconti e Maria Callas nel ruolo della protagonista. Il successo di questo allestimento ne ha sancito il graduale ritorno sui palcoscenici di tutto il mondo.

Diego Fasolis
Direttore

Riconosciuto nel mondo come uno degli interpreti di riferimento per la musica storicamente informata, unisce rigore stilistico, versatilità e virtuosismo. Ha studiato a Zurigo, Parigi e Cremona, conseguendo quattro diplomi con distinzione, e ha iniziato poi la sua carriera come concertista d’organo, eseguendo più volte l’integrale delle opere di Bach, Buxtehude, Mozart, Mendelssohn, Franck e Liszt. Nel 1993 è stato nominato Direttore stabile dei complessi vocali e strumentali della Radiotelevisione svizzera con cui ha realizzato una monumentale produzione con duecentocinquanta titoli dal Rinascimento al ‘900. Dal 1998 dirige I Barocchisti, ensemble con strumenti storici da lui fondato insieme alla moglie Adriana Brambilla, prematuramente scomparsa, alla quale ha dedicato nel 2013 una Fondazione benefica per il sostegno di giovani musicisti. Ha rapporti di collaborazione come direttore ospite con formazioni di primo piano e con le voci più importanti del panorama internazionale. In particolare ha collaborato con il mezzosoprano Cecilia Bartoli in progetti di grande portata, registrazioni audio e video e tourneée concertistiche, l’ultima delle quali dedicata agli autori italiani e tedeschi presenti negli archivi di San Pietroburgo. Dal 2012 si esibisce regolarmente al Festival di Salisburgo con concerti e opere da Palestrina a Rossini, da Händel a Schubert. Nel 2016 la Scala gli ha affidato la creazione di un’orchestra con strumenti originali, che ha diretto nel Trionfo del Tempo e del Disinganno e in Tamerlano di Händel con Placido Domingo. Sempre nel 2016 ha raccolto l’eredità di Nicholaus Harnoncourt, eseguendo tre volte la Nona sinfonia di Beethoven al Musikverein di Vienna con il Concentus musicus Wien e l’Arnold Schoenberg Chor. Nel 2011 Papa Benedetto XVI gli ha conferito un dottorato honoris causa per il suo impegno nell’interpretazione di Musica sacra. Vanta una imponente discografia comprendente più di centoventi titoli con cui ha ottenuto numerosi dischi d’oro, Grand prix du Disque, Echo Klassik e diverse Nomination ai Grammy Awards. Nel 2019 ha ricevuto una “nomination” agli International Opera Award tra i sei migliori direttori d’opera del 2018. Nel 2023, a Zug, è stato insignito del Doron Preis.


Carmelo Rifici
Regista

Dopo la laurea in Lettere, si diploma alla Scuola dello Stabile di Torino ed è regista collaboratore di Luca Ronconi in Progetto Domani, evento teatrale dei Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006. Affianca Ronconi nelle regie di Fahrenheit 451Ulisse doppio ritornoTurandotIl mercante di Venezia. Come regista firma decine di lavori. Napoli Teatro Festival gli commissiona la regia di Chie-Chan e io, dal romanzo di Banana Yoshimoto (2008). Per il Piccolo Teatro di Milano firma le regie de I pretendenti di Jean-Luc Lagarce, Il gatto con gli stivali di Ludwig Tieck (2009) e Nathan il saggio di Ephraim Lessing (2011). Nel 2010 mette in scena Dettagli di Lars Norén al Piccolo e Fedra di Euripide a Siracusa. Dirige Buio di Sonia Antinori per Teatro Due Parma, Medea di Luigi Cherubini per il Ponchielli di Cremona, I puritani di Vincenzo Bellini per il Circuito Lirico Lombardo, Giulio Cesare di William Shakespeare e Visita al padre di Roland Schimmelpfennig per il Piccolo di Milano. Dal 2014 al 2019 è direttore artistico di LuganoInScena, dove dirige Gabbiano di Anton Cechov, Ifigenia, liberata di Rifici-Dematté, Purgatorio di Ariel Dorfman, Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, Avevo un bel pallone rosso di Angela Dematté, I Cenci su musica e libretto di Giorgio Battistelli – che nel 2020 è nel cartellone di Biennale Musica di Venezia e del Festival Aperto di Reggio Emilia. Nel 2019 firma la regia di Gianni Schicchi di Puccini e de L’heure espagnole di Ravel al Teatro Grande di Brescia. Nel 2020 assume la direzione artistica del LAC di Lugano, contestualmente firma progetto e regia di Macbeth, le cose nascoste, di cui è anche autore insieme ad Angela Dematté, Le relazioni pericolose, scritto a quattro mani con Livia Rossi, La traviata di Giuseppe Verdi diretta dal Maestro Markus Poschner; nel novembre 2022, insieme ad Andrea De Rosa, firma la regia di Processo Galileo, scritto da Angela Dematté e Fabrizio Sinisi, nel gennaio 2023 per il Teatro Biondo di Palermo firma la regia di Ulisse Artico, coprodotto dal LAC.
Dal 2015 dirige la Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano. Nel 2005 vince il Premio della Critica come regista emergente, nel 2009 il Premio Eti Olimpici del Teatro come regista dell’anno, il Premio della Critica, il Golden Graal ed è nelle nomination per i Premi Ubu come regista dell’anno. Nel 2015 vince il Premio Enriquez per la stagione teatrale di LuganoInScena, nel 2017 lo vince nuovamente per la regia di Ifigenia, liberata. Nel 2019 vince il Premio I nr. Uno conferitogli dalla Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS) per il suo lavoro al LAC. Nel luglio 2021 viene insignito del titolo di Maestro dal Premio Radicondoli per il teatro. Nell’autunno dello stesso anno riceve il Premio Hystrio Digital Stage e il Premio speciale Ubu per il progetto digitale Lingua Madre. Capsule per il futuro, ideato insieme a Paola Tripoli. Nel 2022 è tra i finalisti del Premio Internazionale Ivo Chiesa - Una vita per il teatro nella categoria “La scuola”.


Guido Buganza
Scenografo

Scenografo, pittore e incisore. Diplomato in scenografia all’Accademia di Brera, intraprende una carriera teatrale internazionale che svolge parallelamente alla sua vocazione pittorico/incisoria.
Ha all’attivo circa ottanta produzioni teatrali; firma le scenografie di opere di prosa, opera, balletto e cinema, mostre e installazioni. È stato tre volte finalista ai Premi Ubu. Per il LAC firma le scene de
Il barbiere di Siviglia di Rossini e de La traviata di Verdi, suggellando un sodalizio artistico con Carmelo Rifici che prosegue da venti anni, e di Sogno di una notte di mezza estate per la regia di Andrea Chiodi. Collabora con Monica Conti, Piero Maccarinelli, Andrée Ruth Shammah, Claudio Beccari, Peter Greenaway, Andrea Chiodi, Jacopo Gassmann, Massimo Navone. Ha curato l’allestimento di Arti liberali rassegna realizzata al LAC in collaborazione con RSI Radiotelevisione svizzera.


Margherita Baldoni
Costumista

Laureata in architettura a Firenze, si diploma attrice al Laboratorio Nove di Sesto Fiorentino di Barbara Nativi. Conseguita la laurea specialistica in Scienze e tecniche del teatro a IUAV di Venezia, frequenta la scuola di specializzazione di regia diretta da Luca Ronconi. Nel 2003 è assistente alla regia di Antonio Latella e Gigi Dall’Aglio. Nello stesso anno, inizia a lavorare come scenografa e costumista di Progetto Shakespeare per lo Stabile di Torino, realizzando scene e costumi di Romeo e Giulietta regia di J.C. Saïs, Sogno di una notte di mezza estate regia di Mamadou Dioume, Pene d’amor perdute regia di D. Pitoiset. Collabora con Margherita Palli autrice delle scene di Attila di Verdi, regia di Walter Le Moli. Nel 2007 inizia un lungo sodalizio artistico con Rifici; per il Piccolo Teatro collabora ai costumi de: I pretendenti, Il gatto con gli stivali – Una recita continuamente interrotta, Dettagli, Nathan il saggio, Giulio Cesare, Visita al Padre, Uomini e no, Doppio Sogno ; al Festival del Dramma Popolare di San Miniato Il nemico, La testa del profeta, Anima Errante; per Teatro Due di Parma, insieme a Buganza realizza scene e costumi di Buio di Sonia Antinori; per lo Stabile di Bolzano, Avevo un bel pallone rosso, La rosa bianca, L’officina – Storia di una famiglia di Angela Dematté; per lo Stabile del Veneto Elektra di Hofmannsthal; per il Circuito lirico lombardo Medea di Cherubini, I Puritani di Bellini, Gianni Schicchi di Puccini, L’heure espagnole di Ravel; al Teatro Greco di Siracusa Fedra di Euripide; per il LAC di Lugano Gabbiano, Ifigenia liberata, Il barbiere di Siviglia, La traviata, Processo Galileo, La dodicesima notte (o quello che volete). Per Proxima Res, associazione di cui è direttore tecnico, firma scene e costumi di Medea di Müller, di Chi resta di Dematté, Cavosi, Gabrielli, regia di Rifici; sempre per Rifici crea scene e costumi di Yerma di Garcia Lorca per il Fringe Festival di Napoli. Crea i costumi di Giusto la fine del mondo di Lagarce con la regia di Luca Ronconi (Piccolo Teatro di Milano). Disegna i costumi di Il vangelo secondo Lorenzo, Carmen, La Cenerentola, Cecilia con la regia di Leo Muscato, La locandiera ed È stato un bel settembre di Andrea Chiodi. Per la regia di Francesco Micheli realizza i costumi di L’ange de Nisida per il Donizetti di Bergamo (2019). Nell’anno scolastico 2021/2022 insegna Elementi di costume per il teatro presso la Scuola del Teatro Musicale di Novara.


Alessandro Verazzi
Disegno luci

Dal 2000 lavora come light designer per diversi teatri tra cui Teatro alla Scala di Milano, Teatro La Fenice di Venezia, Teatro Massimo di Palermo, Teatro Regio di Parma, Teatro Sferisterio di Macerata, Rossini Opera Festival Pesaro, Teatro Regio di Torino, Teatro Piccolo di Milano, Teatro del Maggio Fiorentino, Teatro dell'Opera di Roma, Teatro San Carlo Napoli, Teatro Lirico di Cagliari, Teatro Petruzzelli di Bari, teatro LAC Lugano, Teatro Dell'Opera di Montecarlo, Teatro dell’Opera di Malmo Svezia, Teatro dell’Opera National de Lorraine a Nancy, Teatro dell’Opera di Bilbao, Greek National Opera di Atene, Teatro Pergolesi Jesi, Teatro Sociale di Como e molti altri. Ha collaborato con diversi registi tra cui Leo Muscato, Serena Sinigaglia, Valerio Binasco, Francesco Micheli, Federico Grazini, Alessandro Talevi, Carmelo Rifici, Onofrio Colucci, Davide Garattini, Daniela Zedda, Emanuele Gamba e Manuel Renga. Dal 2016 illumina Le Cirque with the World’s Top Performers con i migliori acrobati e performers di ogni specialità del “nouveau cirque”; dal 2010 al 2016 le sfilate dello stilista inglese David Fielden. Dal 2014 è docente di lighting designer alla Nuova Accademia di Belle Arti NABA di Milano. Nel 2010 ha insegnato lighting design presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano, dove da 2007 al 2010 ha tenuto il corso di illuminotecnica. Dal 2019 collabora come lighting designer con il service ACUSON di Torino per la progettazione di eventi. Tra il 2000 e il 2009 è stato direttore tecnico e degli allestimenti della compagnia teatrale A.T.I.R. di Milano, tra il 2006 e il 1009 del teatro Ringhiera sempre a Milano.
Progetta e coordina la realizzazione dell'impianto illuminotecnico del teatro delle Ali di Breno.
È stato assistente alla fotografia di Franco Buso dal 1993 al 1999 per numerosi filmati pubblicitari in pellicola 35/16mm.


Alessio Maria Romano
Movimenti scenici

Artista che all’attività di pedagogo alterna uno studio costante di danza contemporanea, recitazione, movimento e una personale ricerca coreografica, Alessio Maria Romano è al contempo analista del Movimento Laban/Bartenieff (C.M.A.) e docente di training fisico e movimento scenico presso la scuola “L. Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano di cui è coordinatore didattico. Per la preparazione fisica degli attori e i movimenti coreografici, ha collaborato con registi come Luca Ronconi, Carmelo Rifici, Valter Malosti, Andrea De Rosa, Jacopo Gassmann, Declan Donnellan. Collabora con il Nuovo Balletto di Toscana firmando le coreografie di Fernando Cortez con la regia di Cecilia Ligorio al Maggio Fiorentino. Dal 2016 firma l’ideazione di DispersiChoròs. Avida Dollars e di Bye Bye produzione LAC e Torinodanza che debutta alla Biennale Teatro di Venezia 2020. È tra i maestri invitati da Antonio Latella al College della Biennale Teatro nel 2018 e nel 2020. Torna in scena come performer ne L’isola dei pappagalli con Bonaventura prigioniero degli antropofagi per la regia di Antonio Latella. Il progetto Choròs è ospite del festival Oriente Occidente 2021. Con Il Balletto di Torino nel 2022 lavora sul progetto Love You. Nell’Aprile del 2023 debutta la nuova creazione Principia prodotta dal Teatro Piemonte Europa di Torino. 
Nel 2015 vince il Premio nazionale della critica (ANCT) come pedagogo e coreografo teatrale.
Nel 2020 riceve il Leone d’Argento alla Biennale Teatro.


Catherine Bertoni de Laet
Assistente alla regia

Catherine Bertoni de Laet, classe 1994, conseguito il diploma classico, frequenta la scuola del Piccolo Teatro di Milano, dove incontra Antonio Latella, Massimo Popolizio, Fabio Condemi e Marta Ciappina, per poi partecipare alla masterclass estiva 2021 del Centro Teatrale Santacristina condotta da Michela Lucenti, Valter Malosti e Carmelo Rifici. Come interprete è in Doppio Sogno di Favaro/Schnitzler regia di Carmelo Rifici e Processo Galileo di Demattè/Sinisi regia De Rosa/Rifici. Frequenta presso ERT il corso di Alta Formazione su Bestia da Stile di Pier Paolo Pasolini condotto da Stanislas Nordey. Lavora come assistente alla regia per Filippo Ferraresi in De Infinito Universo e per Carmelo Rifici ne La traviata diretta da Markus Poschner. Debutta come regista con bogdaproste - che dio perdoni le tue morti scritto a quattro mani con Francesco Maruccia.


Lorenzo Ponte
Assistente alla regia

Dopo la laurea in Lettere classiche si diploma in Regia alla Paolo Grassi di Milano nel 2018.  
Dal 2018 è assistente alla regia presso il Teatro alla Scala. Dal 2019 è assistente d A. R. Shammah nelle produzioni del Teatro Parenti. Nel 2022 lavora con i Teatri Alchemici per la Norma del Teatro Massimo di Palermo. Come regista esordisce al Teatro Parenti con Confabulazioni di Eleonora Paris nel 2018. Nella stagione successiva riadatta e dirige Tu sei Agatha di Marguerite Duras, prodotto dal Teatro Parenti. Successivamente dirige insieme a Clio Saccà Can you hearT me? di Marco Sinopoli al Macerata Opera Festival. Nel 2022 cura la drammaturgia del riadattamento de Le rane di Aristofane per la regia di Marco Cacciola, prodotto dal Teatro Fontana. Nello stesso anno firma la sua prima drammaturgia, Buoni a nulla, di cui cura anche la regia: uno spettacolo indagine sulla grave emarginazione abitativa, prodotto da Praxis e Teatro Parenti. Nel 2022 e nel 2023, è finalista per due volte all’EOP – European opera prize for directors. A settembre del 2023 dirigerà la sua prima opera lirica, Idomeneo, a Nancy all’Opéra national de Lorraine.

 

Interpreti e personaggi


Carmela Remigio
Anna Bolena

Insignita del prestigioso “Premio Abbiati”, il soprano Carmela Remigio inizia a studiare violino all’età di cinque anni. Alcuni anni dopo intraprende lo studio del canto con Aldo Protti, perfezionandosi poi con Leone Magiera. Dopo le prime scritture in opere barocche, si dedica a Mozart, cantandone tutti i maggiori ruoli da protagonista: Susanna e la Contessa ne Le Nozze di Figaro, Elettra e Ilia in Idomeneo, Fiordiligi in Così Fan Tutte, Vitellia ne La Clemenza di Tito, Pamina in Die Zauberflöte. Ha interpretato più di cinquecento recite del Don Giovanni, sia nei panni di Donna Elvira sia in quelli di Donna Anna, una parte che le ha dato l’opportunità di lavorare con Peter Brook e con Claudio Abbado. Il suo repertorio abbraccia anche opere di Puccini come La Bohème (Mimì) e Turandot (Liù); di Donizetti – di cui ha interpretato per intero il “Ciclo delle tre regine Tudor” (Maria Stuarda, Roberto Devereux e Anna Bolena), nonché Amelia ne Il castello di Kenilworth, Antonina nel Belisario e il ruolo del titolo in Lucrezia Borgia – e di Rossini, come L’inganno felice, Maometto Secondo, Il viaggio a Reims, Mosè in Egitto. Ha collaborato con direttori come Claudio Abbado, Antonio Pappano, Myung-Whun Chung, Jeffrey Tate, Daniele Gatti, Fabio Luisi, Daniel Harding, Gustavo Dudamel, Riccardo Chailly, Gianandrea Noseda, Juraj Valčuha, Michele Mariotti, John Axelrod, Roberto Abbado, Lorin Maazel, Michel Plasson, Eliahu Inbal, Kent Nagano, Rinaldo Alessandrini; e con registi quali David McVicar, Graham Vick, Pier Luigi Pizzi, Federico Tiezzi, Karole Armitage, Mario Martone, Luca Ronconi, Damiano Michieletto, Robert Wilson e Peter Brook.  Ha cantato sia nel repertorio operistico sia in quello da camera per le principali istituzioni internazionali: Teatro alla Scala, Festival di Salisburgo, Royal Opera House, Festival di Aix-en-Provence, Teatro La Fenice, La Monnaie, nonché a Losanna, Tokyo, Trieste, Lugano, Firenze, Los Angeles, Parigi. Tra le sue incisioni discografiche sono di particolare rilievo le due edizioni di Don Giovanni (Donna Anna), una diretta da Claudio Abbado (Deutsche Grammophon) e l’altra da Daniel Harding (Virgin), lo Stabat Mater di Rossini con la direzione di Gianluigi Gelmetti (Agorà), Arie Sacre Verdiane con la direzione di Myung-Whun Chung (Deutsche Grammophon), un doppio CD dal titolo Arias (Universal-Decca) dedicato a Tosti e a Rossini. Fra i DVD si menzionano A Verdi gala from Berlin in occasione del Concerto di Capodanno nel 2001 con i Berliner Philharmoniker diretti da Claudio Abbado; Otello diretto da Myung-Whun Chung (C Major); Il viaggio a Reims dal Teatro alla Scala con la direzione di Ottavio Dantone; Lucrezia Borgia dal festival Donizetti Opera 2019 e Rinaldo nella storica produzione di Pier Luigi Pizzi (Dynamic). Nel 2022 le è stato assegnato il “40° Premio Piccinni”.


Marco Bussi
Enrico VIII

Tra i più promettenti giovani talenti nel panorama lirico internazionale, il baritono Marco Bussi ha già avuto modo di esibirsi in alcune delle più prestigiose istituzioni operistiche italiane ed estere. Studia col maestro Giuliano Ciannella, diplomandosi a pieni voti presso il conservatorio "G. Frescobaldi" di Ferrara; si è specializzato con i Maestri Bruno Pratico ed Alfonso Antoniozzi ed attualmente è sotto la guida del maestro Piero Guarnera. Brillante interprete delle opere di Rossini, Donizetti e Mozart, è a suo agio anche nel repertorio barocco. Nella stagione 2013/14 ha interpretato Dulcamara ne L’elisir d’amore al Teatro Verdi di Busseto e Aphrodite Pahos Festival a Cipro, lo Stabat Mater di Haydn con l’Ensemble Barocco a Pavia, la Messa dell’Incoronazione di Mozart con I Solisti Veneti a Padova e Così fan tutte (Guglielmo) all’Olimpico di Vicenza. Nel 2014/15 ha interpretato L’elisir d’amore (Belcore) al Carlo Felice di Genova, Madama Butterfly (Yamadori) al Petruzzelli di Bari, Così fan tutte (Guglielmo) all’Operaestate Festival di Vicenza e Gianni Schicchi con l’Orchestre Regional de Normandie. Ha debuttato all’Early Music Festival di Boston interpretando L’Orfeo, Incoronazione di Poppea e Vespri di Monteverdi. Nel 2015/16 ha preso parte alla prima mondiale de Lo specchio magico al Maggio Musicale Fiorentino, ha interpretato il ruolo del Conte di Almaviva nelle Nozze di Figaro all’Olimpico di Vicenza, La pietra del paragone (Macrobio) al Lirico di Cagliari e Il turco in Italia (Geronio) con la direzione di Christopher Franklin e la regia di Alfonso Antoniozzi a Pavia, Cremona e Como e nuovamente al Comunale di Bologna per la regia di Davide Livermore diretto sempre dal maestro Christopher Franklin. Nel 2019 debutta al Wexford Opera festival con Dorilla in Tempe di Vivaldi, al Bellini di Catania come Alidoro ne La Cenerentola di Rossini sotto la bacchetta di Pérez-Sierra e la regia di Gavazzeni-Maranghi e a Lugano è diretto da Fasolis per la prima in tempi moderni dell'opera Casanova e l'Albertolli. A livello internazionale si esibisce prevalentemente nell’ambito del repertorio barocco in diversi Festival quali il Concertgebouw di Amsterdam e Gent con la Cappella Neapolitana diretta da Antonio Florio ne La Passione secondo Giovanni di Veneziano ed assieme al Ghislieri Consort in svariati festival europei. Prende parte a Divorzio all'italiana di Giorgio Battistelli per la regia di David Putney al Comunale di Bologna, Delitto e Dovere di A. Colla per la regia di Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi al Festival dei Due Mondi di Spoleto e Lo specchio magico di Fabio Vacchi per Il Maggio Musicale Fiorentino diretto dal M. John Axelrod. Al fianco di Bruno Pratico e Alfonso Antoniozzi ha duettato numerose volte in Europa e negli Stati Uniti.


Arianna Vendittelli
Giovanna Seymour

Romana, si diploma con il massimo dei voti al Conservatorio ‘Antonio Buzzolla’ di Adria e si perfeziona sotto la guida di Mariella Devia. Dotata di un timbro unico e di grande estensione vocale, in giovane età si è avvicinata ai grandi ruoli del repertorio operistico. Nel 2008 vince il terzo premio al Concorso internazionale di Musica Sacra di Roma, nel 2011 vince il Concorso Internazionale Marcello Giordani per la sua interpretazione del ruolo di Norina, nel 2015 vince il Publikumpreis al Concorso internazionale di opera barocca Pietro Antonio Cesti, nel 2017 si classifica seconda all’Händel Singing Competition nell’ambito del London Händel Festival. Affascinata da Mozart, nel 2010 debutta al Festival di Salisburgo e al Ravenna Festival come Carmi ne La Betulia Liberata di Mozart diretta da Riccardo Muti con il quale canta anche la Missa Defunctorum di Giovanni Paisiello a Salisburgo, Ravenna, Vicenza e Udine. Ottiene un bel successo anche grazie all’interpretazione di ruoli rossiniani come Amaltea nel Mosè in Egitto al Teatro San Carlo di Napoli. Conosciuta per il suo lavoro nel repertorio barocco, ha interpretato Salomé nel San Giovanni Battista di Alessandro Stradella al Festival di Innsbruck, Amanzio ne Il Giustino di Antonio Vivaldi diretta da Ottavio Dantone al Festival George Enescu di Bucarest e all’Opera di Losanna. Ha cantato il ruolo del titolo nel Serse di Georg Friedrich Händel in diversi teatri italiani e al Festival di Beaune (Francia) sotto la direzione di Ottavio Dantone e la Semele di Johann Adolf Hasse al Theater an der Weine. Si è distinta nel repertorio romantico e post-romantico interpretando Micaëla nella Carmen di Georges Bizet a Cagliari, il ruolo del titolo ne Il segreto di Susanna di Ermanno Wolf-Ferrari e in Gina di Francesco Cilea per Il Teatro La Fenice di Venezia diretta da Francesca Lanzillotta; sempre diretta da Lanzillotta, nel febbraio 2019, ha cantato alla prima mondiale di 7 minuti di Giorgio Battistelli all’Opera National de Lorraine di Nancy. Tra i suoi impegni più importanti ci sono il ruolo del titolo in Gisela! di Hans Werner Henze al Massimo di Palermo, diretta da Constantin Trinks con la regia di Emma Dante e Zerlina nel Don Giovanni al Festival di Spoleto sotto la direzione di James Conlon.
Ha cantato Rodrigo ovvero Vincer se stesso è la maggior vittoria di Georg Friedrich Händel al Festival de Beaune con Thibault Noally ed è stata Fiordiligi nel Così fan tutte di Wolfgang Amadeus Mozart con la regia di Pier Luigi Pizzi in numerosi teatri italiani.


Ruzil Gatin
Lord Riccardo Percy

Classe 1987, Ruzil Gatin si laurea all’Università di Mosca in Arte Drammatica e nel 2012 si diploma al Conservatorio del Kazan in Canto con cui partecipa a diverse produzioni come L’amore delle tre melarance (Truffaldino), Eugene Onegin (Lensky), Le nozze di Figaro (Basilio), Roméo et Juliette (Tebaldo). Vincitore di numerose Competizioni internazionali quali la Youth of 21st Century in Bulgaria, The Way of Stars a St. Petersburg, Morning Star e il Grand Prix Youth Festival Competition a Mosca. Nel 2016 vince il Concorso Europeo indetto da AsLiCo e debutta nel ruolo di Pang in Turandot nei teatri di 23 città italiane. Successivamente debutta nel ruolo di Don Narciso in Il turco in Italia al Teatro Fraschini di Pavia, Teatro Sociale di Como e Teatro Ponchielli di Cremona.
Entra a far parte dell’Accademia rossiniana a Pesaro dove ha partecipato alla produzione de Il viaggio a Reims come Libenskof e dove tornerà nel 2018 nel ruolo di Zamorre in Ricciardo e Zoraide.
Tra i recenti e futuri impegni Don Ramiro in Cenerentola nei teatri di Brescia, Cremona, Pavia, Ferrando in Così fan tutte e Lindoro in L’Italiana in Algeri a Trieste, il debutto al Teatro alla Scala come Conte di Almaviva in Barbiere di Siviglia per il Progetto Accademia, Il viaggio a Reims nel Circuito AsLiCo, il Mosè in Egitto a Pisa e Novara. È cover di Juan Diego Florez nell’Orphée et Eurydice al Teatro alla Scala e in Ricciardo e Zoraide al ROF di Pesaro; debutta al Bolshoi di Mosca in Il viaggio a Reims, torna alla Scala nella produzione di Cenerentola e al Bolshoi con Il barbiere di Siviglia; ancora il debutto alla Royal Danish Opera sempre con Il barbiere di Siviglia, La Sonnambula nel Circuito Aslico, Thybald nel Roméo et Juliette del Teatro alla Scala, Il viaggio a Reims al Palau des Arts di Valencia, Don Pasquale al Bolshoi, Lo sposo di tre e marito di nessuna al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Il turco in Italia al San Carlo di Napoli, Il barbiere di Siviglia al Maggio Musicale Fiorentino, a Mosca, all’Opera di Roma, a Reggio Emilia, Macerata e Liegi, Moyse et Pharaon a Lione, Don Giovanni a Firenze, Anna Bolena a Lugano e nel Circuito Emiliano.


Paola Gardina
Smeton

Brillante talento lirico, Paola Gardina è fra i più richiesti mezzosoprani di oggi. Vincitrice del concorso “Toti Dal Monte” nel 2003, ha debuttato come Cherubino ne Le nozze di Figaro, dopo la vittoria al concorso As.Li.Co nel 2005. Nella sua carriera ha cantato nei più prestigiosi teatri lirici e festival a livello internazionale, come il Teatro alla Scala, l’Opéra National de Paris, il Théâtre des Champs Elysées de Paris, la Bayerische Staatsoper di Monaco, il Teatro Real de Madrid, il Teatro An der Wien, La Monnaie de Bruxelles, l’Opéra de Nice, il Colon Buenos Aires, il Teatro La Fenice di Venezia, il Maggio Musicale Fiorentino, il Ravenna Festival, il Teatro Regio di Torino, lo Sferisterio di Macerata. Di rilievo la sua partecipazione ne Les Troyens di Berlioz (ruolo di Ascagne) al Teatro alla Scala di Milano, con la regia di David Mcvicar e la direzione di Antonio Pappano (produzione vincitrice del Premio Abbiati). Da segnalare l’inaugurazione della stagione 2019 del Teatro San Carlo di Napoli, nel ruolo di Dorabella nel Così fan tutte, sotto la direzione di Riccardo Muti.
All’International Bustan Festival di Beirut ha debuttato con La morte di Cleopatra di Berlioz.
Tra i suoi recenti impegni vanno menzionati: Norma (Adalgisa) all’Opera de Las Palmas, all’Opera di Oviedo e al Comunale di Piacenza; Anna Bolena (Seymour) all’Opera di Roma con la regia di Andrea De Rosa; Il barbiere di Siviglia (Rosina) all’Opera di Firenze, all’Opera de Las Palmas, al Teatro Carlo Felice di Genova e al Liceu di Barcellona; Les Contes d’Hoffmann (Niklausse) al NCPA di Beijing; Pietro il Grande al Donizetti Festival di Bergamo; Lucrezia Borgia (Maffio Orsini) al Mupa Festival; Faust (Sibel) alla Fenice di Venezia; I Capuleti e I Montecchi (Romeo) al Stadttheater Klagenfurt; Don Giovanni (Donna Elvira) alla Fenice di Venezia e al Teatro Petruzzelli di Bari; Cenerentola al Teatro Comunale di Modena e al Teatro Lirico di Cagliari, Le nozze di Figaro (Cherubino) al Ravenna Festival e Così fan tutte al Teatro Regio di Torino, entrambe con Riccardo Muti; Rinaldo (Goffredo) all’Opera de Oviedo; Iolanta (Laura) all’Opéra National de Paris.
Le sue registrazioni e DVD comprendono I Capuleti e Montecchi al Ravenna Festival – Muti Production e il Così fan tutte (Dorabella) al Teatro Real Madrid con la regia del premio Oscar Michael Haneke.

 

Marcello Nardis
Sir Hervey

Si è laureato con lode in greco antico, in archeologia cristiana e in pedagogia musicale presso l’Università di Roma La Sapienza e l’Alma Mater Studiorum di Bologna, conseguendo parallelamente i diplomi di pianoforte, canto e musica vocale da camera nei Conservatori di Musica di Roma, Napoli e Firenze. Ha completato la formazione musicale studiando alla Liszt Hochschule di Weimar con Peter Schreier ed al Mozarteum di Salisburgo con Kurt Widmer. Già pianista, ha debuttato come tenore nel 2003 per la Giornata Mondiale della Gioventù in Canada, alla presenza di Papa Giovanni Paolo II. Da allora ha iniziato una intensa attività artistica, ospite di Istituzioni come: il Teatro alla Scala, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, La Fenice di Venezia, il Filarmonico di Verona,  il San Carlo di Napoli, il Maggio Musicale Fiorentino, il Carlo Felice di Genova, il Teatro Massimo Bellini di Catania, il Teatro Massimo di Palermo, il Liceu di Barcellona, il New National Theatre di Tokyo, la Carnegie Hall di New York, la Smetana Hall di Praga, la Academy of Saint Martin in the Fields di Londra, il Mozarteum e il Pfingsten Festival di Salisburgo, la Holywell Hall di Oxford, la Stadthalle di Bayreuth, a fianco di direttori quali Battistoni, Chung, Luisi, Mehta, Muti, Rousset, Sardelli e in duo con pianisti come Bacchetti, Badura-Skoda, Ballista, Campanella, Canino, Ciccolini, De Fusco, Fiuzzi, Prosseda, Shetler, West. Particolarmente dedito al repertorio liederistico, ha eseguito più di 100 volte il ciclo schubertiano della Winterreise anche nella doppia veste, simultaneamente, di pianista e cantante. Tra i suoi recenti impegni vanno menzionati: Die Zauberflöte (Monostatos) al Teatro Filarmonico di Verona, alla Fenice di Venezia, al Donizetti di Bergamo, all’Opera di Firenze e al Sociale di Como per il Circuito Aslico, Turandot (Pong) al Teatro Carlo Felice di Genova e al Macerata Opera Festival, Lucia di Lammermoor (Normanno) e La vedova allegra (Raoul) al Teatro La Fenice, Il flauto magico a Salerno, Lucia di Lammermoor (Arturo) a Genova e Die Winterreise al Maggio Musicale Fiorentino, Turandot a Verona, Madama Butterfly a Caserta, Die Zauberflöte all’Opera di Roma, Macbeth e Satyricon a Venezia, La forza del destino a Piacenza, Modena e Reggio Emilia, Madama Butterfly a Genova, Medea in Corinto e Pietro il Grande a Bergamo, Falstaff a Piacenza e Modena, Die Lustige Witwe a Roma, Gianni Schicchi all’Arena di Verona e nel film diretto da Damiano Michieletto e trasmesso dalla RAI, Rigoletto a Venezia e Ferrara, Da una casa di morti a Roma.


I Barocchisti

I Barocchisti sono internazionalmente apprezzati quale complesso di riferimento per l’esecuzione del repertorio antico su strumenti storici. Unitamente al Coro della Radiotelevisione svizzera hanno realizzato numerose produzioni concertistiche e discografiche dedicate a Bach, Cavalli, Galuppi, Gossec, Händel, Mozart, Scarlatti, Paisiello, Pergolesi, Piccinni, Purcell, Vivaldi.
Le incisioni strumentali dedicate a Bach – pubblicate dall’etichetta Arts – sono ritenute pietre miliari del catalogo bachiano. Di grande successo i dischi vivaldiani pubblicati per Claves. L’ensemble fondato e diretto da Diego Fasolis si esibisce regolarmente nei maggiori festival musicali in Austria, Belgio, Croazia, Francia, Germania, Italia, Portogallo, Spagna, Svizzera e Stati Uniti, collaborando con i maggiori interpreti della musica barocca tra i quali Phlippe Jaroussky, Cecilia Bartoli, Max Emanuel Cenčić, Maurice Steger e Julia Lezhneva. I Barocchisti sono stati insigniti dei maggiori premi della critica internazionale (Echo Preis, Nomination ai Grammy Awards) e nel 2014 per l’album Pergolesi (Stabat Mater, ERATO) hanno vinto l’International Classical Music Awards (ICMA). 
Nell’ottobre del 2019, sotto la guida di Diego Fasolis e in collaborazione con l’orchestra del Teatro alla Scala di Milano, I Barocchisti hanno inaugurato lo Shangyin Opera House di Shangai con la Finta Giardiniera di W. A. Mozart; all’inizio del 2020, interpretando un altro titolo mozartiano (Die Zauberflöte), hanno realizzato la prima produzione operistica presso il nuovo Auditorium della Royal Opera House di Muscat (Oman) dove hanno ottenuto ampi consensi. L’Ensemble I Barocchisti con il Coro della Radiotelevisione svizzera sotto la guida di Diego Fasolis sono stati invitati ad eseguire la Messa in si minore BWV 232 per il concerto di chiusura del Bachfest 2022 (19 giugno) presso la Thomaskirche di Lipsia.


Coro della Radiotelevisione svizzera

Fondato nel 1936 da Edwin Loehrer, ha raggiunto rinomanza mondiale con registrazioni radiofoniche e discografiche relative al repertorio italiano tra Cinque e Ottocento. Dopo Edwin Loehrer, Francis Travis e André Ducret, nel 1993 il Coro è stato affidato a Diego Fasolis che ha sviluppato una ricca attività concertistica e discografica e lo ha portato a essere riconosciuto come uno dei migliori complessi vocali da camera europei. Grand Prix du Disque, Diapason d’or, Disco d’Oro, Stella di Fonoforum, Nomination Grammy Award, Echo Classic, ICMA, sono alcuni dei riconoscimenti assegnati al Coro dalla stampa specializzata per le produzioni pubblicate con le case Arts, Chandos, Decca, Deutsche Grammophon, EMI, Naxos, Warner Classics. Claudio Abbado, Michel Corboz, Ton Koopman, Gustav Leonhardt, Michael Radulescu sono tra i direttori che hanno lodato le qualità musicali del Coro. Il Coro si esibisce regolarmente nei grandi Festival da Bruges a Salisburgo, da New York a Roma. Da qualche anno partecipa a produzioni operistiche (Salisburgo, Monaco, Parigi, Baden-Baden, Edimburgo) mostrando flessibilità e abilità scenica. Il repertorio spazia dal Rinascimento alla Musica contemporanea con particolare impegno per la Musica Sacra italiana, a Bach e con il monumentale progetto di esecuzione Integrale delle opere di Palestrina. Dal 2018 la gestione è affidata, sempre sotto la direzione di Fasolis all’Associazione “I Barocchisti”. La lunghissima collaborazione con l’OSI prosegue regolarmente con il tradizionale Concerto Spirituale del Venerdì Santo All’inizio del 2020, sotto la guida di Diego Fasolis, ha partecipato alla prima produzione operistica del nuovo Auditorium della Royal Opera House di Muscat in Oman (regia di Davide Livermore). Tra i principali e prestigiosi inviti a festival e stagioni concertistiche si segnala l’esecuzione del Requiem di Francesco Durante in occasione del concerto di chiusura del Festival di musica antica di Innsbruck (2021) e la Messa in si minore di J.S. Bach al LAC di Lugano e al Bachfest di Lipsia (2022).

Intervista a Diego Fasolis, RSI Rete Due

Bozzetti di scena