Luca Spadaro prosegue la sua indagine sulle discriminazioni nel XXI secolo, avviata lo scorso anno con un lavoro dedicato ai ragazzi africani sfruttati come schiavi nell’agricoltura italiana, portando in scena un monologo sulle femmine o, meglio, su come un maschio etero, colto, di sinistra e radical chic le vede.
Un attore, L.S., si trova nel suo camerino mentre si prepara per le prove de La bisbetica domata di Shakespeare. Come accadeva nel teatro elisabettiano, in questa produzione i ruoli femminili saranno interpretati da attori maschi, e L.S. vestirà i panni di Caterina, la “bisbetica” del titolo. Tuttavia, la regista di questo spettacolo, la celebre e misteriosa Gisèle Pelicot, ha scelto di condurre le prove in modo non convenzionale: nel camerino, accanto all’attore, sarà presente anche il pubblico pagante. Nessuna privacy.
L.S. si trucca, si veste, ripassa il copione, chiacchiera al telefono con un amico. Una voce femminile, diffusa da un altoparlante, gli impartisce istruzioni precise. Le regole stabilite dalla regista vietano categoricamente ogni interazione diretta tra L.S. e il pubblico. La voce continua a comandare, a dettare ogni gesto. Progressivamente, l’attore si ritroverà sempre più esposto, vulnerabile, di fronte agli occhi estranei e curiosi degli spettatori.