La leggenda di Antonio Salieri che avvelena per invidia il giovane genio Mozart rivive nella versione registica di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia: Amadeus esalta la forza drammaturgica dell’opera di Peter Shaffer – resa celebre dal film di Miloš Forman, vincitore di otto premi Oscar – trasformandola in un capriccio sontuoso e allucinato, un sogno che lentamente si trasfigura nei contorni inquieti di un incubo.
Il compositore legnaghese Antonio Salieri è un uomo pio e generoso, un musicista stimato e famoso, ma Dio ha scelto di far sentire la sua voce nel mondo attraverso quella di un ragazzo scapestrato e irriverente: Wolfgang Amadeus Mozart. Shaffer costruisce un apologo sull’invidia, ma anche sull’ammirazione mista a sgomento che ci prende al cospetto di un genio che supera i confini ordinari del talento.
La scena immaginata da Bruni/Frongia è un salone che il delirio di Salieri trasforma in labirinto; il ritratto di un passato non più ricomponibile attraverso la ragione, dal quale i personaggi emergono come marionette, vestite dagli abiti di un Settecento immaginario creato dallo stilista e costumista italiano Antonio Marras, sullo sfondo delle proiezioni fantasmagoriche di una lanterna magica.
Debuttato al National Theatre di Londra nel 1979, Amadeus ottenne un successo immediato, confermato a Broadway con tre Tony Award, tra cui miglior spettacolo, miglior regia (Peter Hall) e miglior attore (Ian McKellen).