venerdì 11 ottobre

Teatrostudio
25.- CHF

sabato 12 ottobre

Teatrostudio
25.- CHF

Scritto da Angela Dematté, L’estasi della lotta è un progetto molto intimo e personale di Carlotta Viscovo, attrice torinese per anni portavoce dei lavoratori e delle lavoratrici dello spettacolo, la cui vita risuona di quella della scultrice francese Camille Claudel. Due artiste che non sanno tenere insieme le cose: l’ambizione legata alla propria arte e l’ansia di verità e di giustizia.

In scena c’è un corpo che si fa scultura e che dialoga con la scultura.
Dietro e insieme a questo, le parole e le immagini concrete e quotidiane, logiche e forti di una vita presente e passata, quella di Carlotta e delle sue lotte sindacali.
Un personaggio che attraversa Carlotta e Camille. Un personaggio che indaga qual è il rapporto tra corpo e protesta, tra la dimensione intima e il ruolo politico dell’artista, tra l’arte e il mercato, l’ambizione e l’autosabotaggio.
La parola come strumento di lotta non basta, occorre tornare al corpo, farlo vibrare nella sua potenza, per raggiungere l’estasi.

progetto di e con
Carlotta Viscovo 

drammaturgia
Angela Dematté  

supervisione dei movimenti
Alessandra Cristiani 

dramaturg
Alice Sinigaglia 

disegno luci
Luigi Biondi 

musiche e progetto sonoro
Marco Mantovani 

supervisione ai costumi
Margherita Baldoni 

installazione scenografica/scultorea
Ettore Greco 

assistente allo scultore
Anna Velludo 

video artist
Ivonne Capece 

archivio video biografico
Lorenzo Ponte
Margherita Orsini 

produzione
LAC Lugano Arte e Cultura, TrentoSpettacoli, Elsinor Centro di Produzione Teatrale

con il sostegno di
Qui e Ora Residenza Teatrale, Campsirago Residenza, Festival Il Giardino delle Esperidi

 

Non so trovare le ragioni adeguate della mia compenetrazione con l’artista Camille Claudel. Abita in me dal 2004, da quando ho visto le sue opere a Parigi. Ho desiderato da allora raccontarla per toglierle il suo ruolo di vittima paranoica e amante abbandonata, rendendo onore alla sua opera. Appena cercavo di lavorarci, però, sentivo di perdere lucidità, ne soffrivo e non riuscivo a proseguire. Intanto mi restava dentro, mi accompagnava silente, mi contaminavo di lei.
Sono stata per quattro anni e mezzo coordinatrice nazionale della sezione attori della SLC CGIL (Sindacato Lavoratori della Comunicazione). Ho accettato questo incarico perché sentivo l’esigenza di fare qualcosa in difesa del mio lavoro, esponendomi pubblicamente. La conseguenza concreta è stata la sensazione di esclusione, isolamento, persecuzione. La scelta di prestare il mio nome a quel ruolo mi ha identificata completamente con esso, facendomi sentire ingabbiata in qualcosa di ossessivo da cui mi sembrava impossibile liberarmi. Lorenzo Ponte e Margherita Orsini, due giovani registi, hanno raccolto ore ed ore della mia vita quotidiana, nei momenti in cui stavo abbandonando il mio ruolo di coordinatrice del sindacato. Questo è tutto il materiale da cui siamo partite, Angela ed io.
Sentivamo dei rimandi, tra la mia vita e quella di Claudel. Indagando quelle riprese, tentando di sovrapporle alla scultura, ai luoghi della vita di Camille, al corpo mio che vibra e tenta di rinnovare un senso, abbiamo costruito la drammaturgia. Esploriamo il rapporto tra corpo e protesta, tra dimensione intima e ruolo politico dell’artista, tra arte e mercato, ambizione e autosabotaggio.
La strada formale sarà quella di fare in scena scultura del mio corpo. Insieme a questo, le parole e le immagini concrete, logiche e forti di una vita presente e passata, la mia e quella tumultuosa di lei, che si alternano nel video e nel testo.
Camille e Carlotta non sanno tenere insieme le cose: la loro espressione creativa, l’ambizione di emergere e l’ansia di giustizia, di verità.
L’errore è stato pensare fosse giusto separare la mia protesta dal palcoscenico, invece occorre mettere in Arte la protesta, incarnandola.

Venne da me Carlotta Viscovo, più di due anni fa, uscenti da quel periodo di pandemia che ci aveva annientate e annientati e che l’aveva vista per ore collegata a videochiamate interminabili, in quanto rappresentante della categoria attrici e attori del sindacato. Venne da me per chiedermi di lavorare insieme su Camille Claudel.
Claudel è una figura che ha colpito moltissime donne.
Aveva interessato anche me, intorno ai 20 anni, traghettata dall’immaginario di un altro, August Rodin, maestro e amante della scultrice. La storia di colei che, nel tentativo di emanciparsi, soccombe al Sistema e alla notorietà del maestro, pare essere un ruolo magnetico e, in fondo, chiaro e confortante. Ma leggendo le lettere della scultrice si scopre qualcosa di diverso.
Ricordo bene la delusione che mi prese già a 20 anni – man mano che procedevo nella lettura delle lettere – nel veder scivolare le sue rivendicazioni d’artista da una giusta e importante pretesa ad una nauseante paranoia.
La proposta di Carlotta mi interessava molto, soprattutto mi interessava capire cosa le rendesse così difficile e, allo stesso tempo, necessario lavorare sulla scultrice. Parlammo moltissimo. L’intuizione sulla drammaturgia arrivò chiara durante lunghe elaborazioni nella prima residenza con Carlotta ed Alessandra Cristiani: dovevamo costruire un dispositivo teatrale che ci permettesse di attraversare questa ossessione di Claudel, per liberarcene. L’attraversamento, per essere efficace, implicava il confronto con la condizione dell’artista oggi e, soprattutto, con le sue necessità concrete (economiche) e intime (bisogno di riconoscimento).
Cominciò così la costruzione di un testo in cui Carlotta potesse parlare attraverso Camille e Camille attraverso Carlotta: una nuova Cassandra che sa di non piacere perché vede ingiustizie e verità che gli altri non vedono. Ma solo parlando riesce ad esistere e dunque parla, mischiando verità e paure, costruendo così la sua distruzione e inchiodandosi tragicamente al ruolo che vorrebbe abbandonare. Chiedemmo poi ad Alice Sinigaglia, con la sua giovane lucidità, di aiutarci a guardare questo magma ossessivo in cui volevamo immergere il pubblico. Era ormai impossibile per noi, dopo la lunga immersione, comprendere se l’ironia e la tragicità del personaggio che stavamo creando fosse quella che cercavamo. Con tutto il gruppo di lavoro cerchiamo, fino all’ultimo, di costruire un dispositivo in cui la verità possa rivelarsi attraverso la paranoia, imponendoci di decidere se avere il coraggio di seguirla. Soprattutto vogliamo che la paranoia sia costretta finalmente a rivelarsi e possa essere così annientata, smascherata dalla verità. La verità che, in ultimo luogo, è il corpo dell’artista, disarmata, che ride delle sue e delle nostre paure, intenta solo a fare bene il suo lavoro. 

Camille Claudel
Nasce nel 1864 a Fère-en-Tardenois. Primogenita, dopo di lei nasceranno Louise e Paul, scrittore. 
La madre, figlia del medico del paese, viene raccontata da Paul come anaffettiva. Il padre, esattore delle tasse, approva e sostiene le aspirazioni artistiche dei figli. Per questo la famiglia si sposta a Parigi.
Camille incontra Rodin nel 1884; tra loro una profonda comprensione artistica. Rodin si barcamena tra la passione per lei e Rose Beuret che non lascerà mai e che sposerà nel 1917. In questo vortice di sentimenti, Camille produce dei capolavori assoluti: Sakountala, La Valse, Clotho, L’Age Mûr
Per Camille la scultura è tutto: ne sono piene le lettere e i ricordi di chi l’ha conosciuta. Se ha dei soldi, li spende per acquistare le materie prime e per pagare modelli e fonditori. 
La rottura del rapporto con Rodin lascia un segno indelebile. Camille ha 20 anni quando lo conosce; a 33 anni si ritrova sola a misurarsi con un mondo ostile nei confronti di una donna che, oltre a fare un mestiere da uomo, ha avuto una relazione libera con un uomo tanto più grande. Camille comincia a trascurarsi e a sentirsi perseguitata, barricandosi in casa e uscendo solo di notte. La madre e il fratello la fanno rinchiudere in manicomio il 10 marzo 1913, una settimana dopo la morte del padre. 
Rodin sosterrà sempre Camille; anche quando sarà internata, non le farà mancare un aiuto economico e vorrà dedicare una sala alle sue opere nella sua casa/museo.
Quando Camille muore nel 1943, al suo funerale non ci sarà nessuno.

Carlotta Viscovo
Nasce nel 1977 a Torino. Primogenita, dopo di lei nascerà Serena, sales and marketing manager. 
La madre, una delle prime donne a diventare maestra di tennis in Italia, gestisce un centro sportivo di Torino. Il padre è legale presso una banca. Le trasmettono un forte senso del rigore e della giustizia. 
Fallito il tentativo di diventare tennista professionista, fin dall’adolescenza dimostra talento come attrice e dunque il padre è costretto ad accettare la sua scelta di frequentare la Scuola del Teatro Stabile di Torino dove si diploma nel 2000. Prende parte alla seconda edizione del Progetto Thierry Salmon, tenuto da Rodrigo García, e si forma con maestri come Danio Manfredini, Raffaella Giordano, Claude Coldy, Bruno De Franceschi, Valerio Binasco, Antonio Latella, Andriy Zholdak, Armando Punzo, Theodoros Terzopoulos. Nel 2000 inizia l’incontro con tanti maestri: Luca Ronconi, Massimo Castri, Cesare Lievi, Valter Malosti, Andrea De Rosa, Carmelo Rifici, Mauro Avogadro, Massimo Popolizio, Emma Dante, Monica Conti, Alvis Hermanis, Christine Marnas, Jean Christophe Saïs, Dominique Pitoiset, Mamadou Dioume. 
Per Carlotta il teatro è tutto: ne sono pieni i diari che conserva in casa sua. Se ha dei soldi, li spende per la ricerca e la formazione attoriale.
L’incontro con il sindacato lascia un segno indelebile. Partecipa all’ideazione di un disegno di legge per migliorare le condizioni e i tempi della creazione teatrale, ma il sindacato decide di non appoggiare il progetto. Carlotta ha 38 anni quando entra nel sindacato e quando ne esce, nel 2021, si sente esclusa, isolata, perseguitata dal suo ruolo sindacale, con il quale è identificata. Non lavora per 4 anni.
Non le mancherà mai il desiderio di portare avanti il progetto di uno spettacolo su Camille Claudel. 
Dal 2022 torna a lavorare negli spettacoli L’ultimo animale di Caterina Filograno, La pulce nell’orecchio di Carmelo Rifici, Demoni di Claudio Autelli.

 

Corrispondenza di Camille Claudel, a cura di Anne Rivière e Bruno Gaudichon, ed. Abscondita

Camille Claudel di Anna Maria Panzera, ed. L’Asino d’oro

Mia sorella Camille di Paul Claudel, ed. Felici

Una donna chiamata Camille Claudel di Anne Delbée, ed. TEA

Camille Claudel. La sua vita di Odile Ayral-Clause, ed. Castelvecchi

L’arte di August Rodin, ed. Abscondita 

La lezione dell’Antico di August Rodin, ed. Abscondita

La sparizione dell’arte di Jean Baudrillard, ed. Abscondita

Camille Claudel e Paul Claudel: le rêve et la vie, ed. Lienart

Il ritorno di Dyonisos di Theodoros Terzopoulos, ed. Cue Press

Autoritratto di Carla Lonzi, ed. La Tartaruga

Chiara Fumai – Exhibition, ed. Arte

 

Di seguito la sequenza delle sculture e dei ritratti incarnati da Carlotta Viscovo durante lo spettacolo:

1. Camille Claudel, Rêve au coin du feu  

2. Camille Claudel, La Joueuse de flûte 

3. Camille Claudel, L’implorante [a rovescio] 

4. Camille Claudel, La jeune fille à la gerbe 

5. Camille Claudel, Les Causeuses 

6. Camille Claudel, Profonde pensée 

7. Camille Claudel, L’implorante 

8. Camille Claudel, L’homme penché 

9. Camille Claudel, L’écume 

10. Camille Claudel, L’implorante [a rovescio] 

11. Auguste Rodin, La pensée 

12. Camille Claudel, L’aurore 

13. Auguste Rodin, La convalescente 

14. Auguste Rodin, L’adieu 

15. Auguste Rodin, La cathédrale 

16. Auguste Rodin, Tête de Camille Claudel [+ mano]

17. Auguste Rodin, Femme accroupie 

18. Auguste Rodin, Le Baiser 

19. Camille Claudel, Clotho 

20. Camille Claudel, Sakountala 

21. Camille Claudel, La Vague 

22. Camille Claudel, L’Âge mûr 

23. Camille Claudel, Persée et la Gorgone 

24. Foto Camille in manicomio

Trailer

Carlotta Viscovo introduce il progetto

Angela Dematté parla dello spettacolo

Diari di creazione

Foto di scena

Estratto del documentario di Lorenzo Ponte e Margherita Orsini Baroni

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