Evento passato

22 ottobre 2020

Palco Sala Teatro

19:45

In un luogo non luogo, un gruppo di utenti “muovono e danzano” il corpo in un sistema ciclico di azioni. 

Obiettivo comune è osservare a 360 gradi le modalità della censura, intesa come autorità e quindi istituzione che impedisce, nasconde, controlla o comunque limita la libertà di espressione dell’individuo. L’interrogativo della ricerca punta sull’ambiguità che si crea intorno alle parole “censura” e “autocensura” nella società. Il confine, non sempre così nitido, tra la regola necessaria al creare ordine e civiltà e quella che reprime e controlla la “follia” primordiale, pulsionale, che è propria dell’istinto e che continua a esistere nell’uomo.

L’educazione trasformata in censura controlla quella follia creatrice dell’individuo o della massa, che lasciata libera sarebbe, invece, distruttrice? Certe parole, certe azioni, potrebbero permettere conoscenza o creerebbero solo disequilibrio? Qual è l’equilibrio? La censura crea paura e nasce dalla paura stessa. L’incubo della perdita del potere. Il terrore antico di smarrire un’identità, un luogo, una certezza. Un’angoscia o meglio un’ossessione che vuole “nascondere” la domanda, l’ipotesi, la scelta, la diversità, l’altro, la morte, il desiderio e quindi la vita stessa. Tutto questo avviene attraverso modi che hanno a che fare con la violenza. Censura come volontà di perdere il desiderio di incontrare l’altro.

 

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Nulla è cambiato.
Tranne forse i modi, le cerimonie, le danze.
Il gesto delle mani che proteggono il capo
è rimasto però lo stesso.

(Wislawa Szimborska)


Bye Bye nasce da quello che io considero un regalo, dalla richiesta del direttore della Biennale Teatro Antonio Latella di indagare sul tema della censura e su come questo possa, in qualche modo, riguardarmi.

Bye Bye è un ironico saluto a ciò che ognuno dovrebbe essere e a ciò che invece vorrebbe essere. Un commiato rivolto a tutto e a tutti: ciò che viene dopo è qualcosa ancora da scoprire e desiderare. Abbiamo ancora il coraggio di desiderare, dopo tutte le informazioni e le costrizioni che influenzano il nostro scegliere?

Bye Bye è un ricordo, un insieme di immagini, suoni e azioni.

Bye Bye è un punto di vista che permette di concretizzare il concetto - complesso - di censura nell’idea - semplice - dell’assenza che la censura causa, determinando l’impossibilità di continuare ad esprimersi. La censura diventa strumento di costruzione di buchi e vuoti nella nostra stessa esistenza.

Bye Bye è un gioco in cui bisogna scoprire cosa manca. Un unico sistema coreografico che si trasforma a seconda della propria libertà. Nella nostra ricerca non abbiamo raccontato la censura mostrando gli strumenti dei censori e forse abbiamo a tratti anche rinunciato a raccontarla. Nella nostra indagine abbiamo semplicemente cercato di porre alcune domande a noi stessi e, metaforicamente, a tutti. Il lavoro nasce come una creazione collettiva in cui io e la drammaturga Linda Dalisi abbiamo semplicemente messo insieme i pezzi. Si tratta di frammenti che fotografano differenti possibilità, a cui viene però negata qualsiasi completezza, come accade a quei libri, film, spettacoli, quadri, idee, a cui la censura ha sottratto il diritto a essere compiuti. Dov’è la logica che spiega questa mutilazione? Da dove nasce questo terribile potere?

Bye Bye è un concerto in cui la musica la fanno i cinque performers Ornella Balestra, Filippo Porro, Andrea Rizzo, Valerie Tameu e Isacco Venturini che insieme all’intera squadra tecnica e artistica hanno messo a disposizione le loro storie e le loro azioni per un atto di scelta e ricordo.

Bye Bye è un omaggio a tutte le donne e a tutti gli uomini che il potere di turno ha nascosto ed eliminato, “bucando” le loro vite in nome di un’idea di “giustizia”. Un concerto per tutti noi che cerchiamo disperatamente di colmare i nostri buchi e di costruire. 

Bye Bye è un lavoro complesso come può essere complesso solo un sogno, un desiderio, una speranza dove il proprio corpo e quello dell’altro sono come un luogo comune da cui partire o forse ripartire.

 

Alessio Maria Romano

Esiste un mostro proteiforme che sfugge agli interrogativi e che estende i suoi tentacoli nel tempo, nello spazio, nei linguaggi, nelle forme, nelle tematiche, nei comportamenti, nelle conseguenze, negli scopi, nella funzionalità. Non dirò il suo nome. Le regole del gioco non sono le stesse da un punto all’altro di questa costellazione, e non è neanche detto che il gioco sia lo stesso. Non siamo di fronte a un gioco. La giustizia c’entra, la sua negazione pure. D’altra parte allargare i confini d’azione di questo mostro significa banalizzarlo, e nessuno vuole banalizzare un tale tormento per i destini degli uomini. Cosa lascia? Difficile dirlo, si potrebbe azzardare un elenco: bruciature, lacerazioni, nero, sgomento, incredulità, sconfitta, rabbia, reazione. No, impossibile azzardare un elenco; sarebbe l’elenco della storia del mondo. 

Quel mostro un giorno incontra cinque esseri, anzi cinque esseri si scontrano col suo squamoso addome, e lo guardano dal basso verso l’alto. Qualcuno stringe il pugno al suo indirizzo in segno di sfida. Qualcuno salta al suo orecchio e gli sussurra incantesimi di guerra. Qualcuno soccombe per poi rialzarsi. Rialzarsi, ma come? Fare squadra e inventare una lingua diventa una possibile via di salvezza. Conoscere il nemico per poterlo affrontare. E dopo lo studio si scende sulla scena. Un’ultima arma a disposizione dei cinque è un codice maliziato, per passarsi le informazioni: fingere una cosa per dirne un’altra. Anche perchè c'è sempre qualcosa che non si può più dire. "Non è che non me lo ricordo è che non posso dirlo". 

La chitarra agitata nel vento suona la carica e i cinque vanno incontro al loro destino, che pian piano assume l’aspetto di una fetta di groviera in un panino.

La luce segna a terra un impercettibile "io".

One more time, il mantra dice che c’è ancora una possibilità. Si ricomincia.

 

Linda Dalisi

direzione e coreografia
Alessio Maria Romano

creazione e performance
Ornella Balestra, Filippo Porro, Andrea Rizzo, Valerie Tameu, Isacco Venturini

drammaturgia
Linda Dalisi e AMR

disegno luci
Matteo Crespi

progetto musicale
Riccardo Di Gianni

costumi
Giada Masi

abiti delle due danzatrici di
Salvatore Piccione

assistente alla creazione
Riccardo Micheletti

Organizzazione
Eleonora Cotugno

produzione
LAC Lugano Arte e Cultura

in coproduzione con
Torinodanza Festival / Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

partner tecnico
Lugano Center GuestHouse