Fu Théophile Gautier l’autore del libretto di Giselle che, leggendo il romanzo De l’Allemagne di Heinrich Heine, rimase affascinato dalla leggenda delle Villi: spiriti della tradizione slava molto simili agli Elfi. Spiriti del bosco, le Villi sono spose morte prima delle nozze, giovani trapassate che non trovano pace nel loro sepolcro. Si risvegliano allo scoccare della mezzanotte e danzano fino all’alba, costringendo a ballare i giovani uomini che le incontrano fino a morirne. Candide nei loro bianchi tutù, le donne fantasma volteggiano evanescenti e leggere nel bosco, nel cosiddetto “atto bianco”, tipico del repertorio romantico ottocentesco.

Nel balletto originale, l’onirico mondo delle Villi popola il secondo atto, mentre il primo atto è ambientato nel mondo contadino. La giovane Giselle muore e rinasce Villi, neofita tra le nuove sorelle, l’unica che ancora ricorda con amore e nostalgia la vita, danzando tra spiriti infernali. Grazie a lei il suo innamorato in vita, il nobile Albrecht, si salva. 

La rilettura di questo balletto nella versione di Giselle coreografata nel 2012 dallo svedese Pontus Lidberg, mostra due amanti dei giorni nostri e una società piena di disuguaglianze sociali. Albrecht, figlio di una ricca famiglia borghese, incontra la bellissima Giselle, una immigrata che lavora come donna delle pulizie. È amore a prima vista e Albrecht fa di tutto per stare con Giselle, ma la relazione tra i due finisce a causa delle differenze e dei contrasti sociali. Il secondo atto è una sorta di incubo, in cui Albrecht deve affrontare i suoi fantasmi interiori di eventi passati.