Scritto e interpretato da Tindaro Granata, Vorrei una voce è uno spettacolo costruito attraverso le canzoni di Mina cantate in playback, nato dal percorso teatrale intrapreso dall’autore e attore siciliano all’interno della sezione femminile di alta sicurezza della Casa Circondariale di Messina, nell’ambito del progetto Il Teatro per Sognare. Il sogno, infatti, è il fulcro della drammaturgia di Granata: smettere di sognare significa far morire una parte di sé. Vorrei una voce è dedicato a tutti coloro che non hanno perso la voglia di farlo.

“Ero un giovane uomo, lavoravo, avevo una casa, una macchina e soprattutto persone che mi amavano, ma avevo smesso di provare gioia per quello che facevo, non credevo più in me stesso e in niente. Non so come sia successo. Un giorno mi sono svegliato e non mi sono sentito più felice, né di fare il mio lavoro né di progettare qualsiasi altra cosa.
Arrivò la proposta di fare un progetto di teatro con le detenute della Casa Circondariale di Messina e, dopo averle incontrate, capii che erano come me, o forse io ero come loro: non sognavamo più.
Guardando loro mi sono sentito recluso, da me stesso, imbruttito da me stesso, impoverito da me stesso. Avevo dissipato, inconsapevolmente, quel bene prezioso che dovrebbe possedere ogni essere umano: la libertà.
Alla direttrice artistica del progetto, non sapendo cosa scrivere di nuovo, proposi di fare con loro quello che facevo da ragazzo quando ascoltavo le canzoni di Mina: interpretavo le mie storie fantastiche con la sua voce. Con le detenute abbiamo messo in scena l’ultimo concerto live di Mina, tenutosi alla Bussola il 23 agosto 1978. L’idea era quella di entrare nei propri ricordi, in un proprio spazio, dove tutto sarebbe stato possibile. Passando prima, però, da qualcosa di molto profondo, recuperare una femminilità annullata, la libertà di espressione della propria anima e del proprio corpo, in un luogo che, per forza di cose, tende quotidianamente ad annullare tutto questo.
Ognuna di loro aveva a disposizione due canzoni di Mina e, attraverso il canto in playback, doveva trasmettere la forza e la potenza della propria storia per liberarsi da pensieri, angosce, fallimenti di una vita.
Mi sono trovato, con loro, a cercare il senso di tutto quello che avevo fatto fino ad allora.
Non voglio e non posso portare in scena le mie ragazze della Casa Circondariale di Messina, perché quello che abbiamo fatto lì dentro è giusto che rimanga con loro e per loro.
In Vorrei una voce in scena ci sarò solo io, delle ragazze mi porterò i loro occhi, i loro gesti, gli abbracci lunghi e forti, le loro lacrime e i sorrisi. Grazie a loro racconterò storie di persone che dalla vita vogliono un riscatto importante: vogliono l’amore. Non l’amore idealizzato e romantico, ma l’amore per la vita, quella spinta forte, irruente, a volte violenta e apparentemente insensata che ti permette di riuscire a sopportare tutto, a fare tutto affinché si possa realizzare un sogno.
Entrerò ed uscirò da ogni storia grazie alle canzoni di Mina cantate in playback, come a creare un concerto immaginario fatto di anime diverse, tutte con un’unica voce, quella di Mina. Così come facevo quando ero poco più che un bambino ed ero libero di immaginarmi il futuro e non avevo paura.
– Dalle note di regia di Tindaro Granata

di e con
Tindaro Granata

con le canzoni di
Mina

ispirato dall’incontro con
le detenute-attrici della Casa Circondariale di Messina nell’ambito del progetto Il Teatro per Sognare di D’aRteventi

produzione
LAC Lugano Arte e Cultura

in collaborazione con
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