Una bisbetica domata tutta al maschile. Un testo che, nonostante contenga atrocità e strani rapporti, ci fa sorridere, una commedia in cui l’amore non è sincero ma puro interesse, e la finzione è uno degli ingredienti che ne ordiscono la trama. 

Una sfida complessa, in cui il regista sceglie di avvalersi del gioco elisabettiano del travestimento perché i rapporti sono così falsati e poco naturali, che solo una stranezza quasi animalesca può rendere bene l’idea di cuori da addomesticare. Ma siamo certi che sia solo il cuore di Caterina, la bisbetica, a dover essere domato?

Andrea Chiodi firma un’originale rilettura della commedia shakespeariana, ambientandola in un luogo senza tempo, abitato da pochi oggetti, di una eleganza rarefatta, in cui gli attori agiscono alla guisa di una squadra sportiva perché, nella sostanza, giocano con i sentimenti di Bianca e di Caterina. 

Una prova in cui Chiodi è stato accompagnato da una squadra di otto interpreti; attori dalla esperienza consolidata come Tindaro Granata, Christian La Rosa, Angelo Di Genio, Igor Horvat e Massimiliano Zampetti hanno recitato insieme a giovani neodiplomati del Teatro Dimitri di Verscio e della Scuola del Piccolo Teatro di Milano. Una scommessa vinta, anche grazie al lavoro di adattamento e traduzione di Angela Demattè, alla scena di Matteo Patrucco e alle musiche originali di Zeno Gabaglio.

adattamento e traduzione
Angela Demattè

regia
Andrea Chiodi

con (in ordine alfabetico)
Angelo Di Genio, Ugo Fiore, Tindaro Granata, Igor Horvat, Christian La Rosa, Walter Rizzuto, Rocco Schira e Massimiliano Zampetti

scene
Matteo Patrucco

costumi
Ilaria Ariemme

musiche originali
Zeno Gabaglio

disegno luci
Marco Grisa

movement coach
Marta Ciappina

assistente regia
Margherita Saltamacchia

sarta di scena
Andrea Portioli

produzione
LAC Lugano Arte e Cultura

in coproduzione con
Teatro Carcano, Centro d’Arte Contemporanea di Milano

Dunque che cos’è The Taming of the Shrew? È innanzitutto, credo, un esperimento sul potere manipolatorio della parola. Shakespeare comincia a mostrarci il fascino e la terribilità del linguaggio, il suo potere di cambiare la realtà. Il privilegio di affrontare una delle sue prime commedie mi ha dato modo di osservare il genio che si allena, che verifica e prova a giocare i primi “match” della sua arte, che ne verifica i confini. Quale parola preferiamo? Quella vitale ma indomabile e fuori dalla società dell’indiavolata Caterina o quella trasformata, terribile ma potente della sua sottomissione? A questa domanda la risposta pare essere facile. Eppure bisogna guardare Petruccio e le sue strategie, guardare Tranio e le sue manovre e sentirsi presi e affascinati da essi, allora sarà più difficile decidere, sia che siamo donna o uomo, giovane o vecchio. La lingua è magica. La sua ambiguità lavora dentro di noi. Non si può far altro che star davanti al signor Shakespeare che affina i suoi strumenti, goderne e tremare con lui dei suoi azzardi. Sono entrato dentro il testo, grazie alla traduzione di Angela, cercando di esplorare le relazioni tra tutti i personaggi, muovendomi dentro l’intreccio delle storie per cercare di far emergere in primis la trama in modo chiaro e poi il pensiero dei personaggi e di Shakespeare. In sostanza per mettere in scena questo autore, per capirne i pensieri non si può che appoggiarsi alle parole del testo, farle diventare vita e azione in palcoscenico. E come sono queste parole? Le parole finali di Caterina sono terribili. L’ordine che propone insopportabile. Eppure suscitano un fascino ambiguo. Star davanti alla società umana, che è vita e dilemma, che può precipitare nel caos, può essere molto problematico. Il genio di Shakespeare ci fa sentire la tentazione di un ordine assoluto, definitivo. Il potere della parola coercitiva, anche se irragionevole. Petruccio, sempre con la parola, ci rende partecipi della sua soddisfazione. Ecco che Caterina cede, si sottomette. Impara a non compromettere più la parola con la vita, con le emozioni e i sentimenti. Impara ad usarla come arma, strumento di potere e di coercizione. E così riporta l’ordine dentro una società che ha perso forza perché ha perso la sacralità della parola. Una donna, Caterina, che per avere un posto nella società si fa uomo, parla come un uomo di potere, con dolore si sottomette per diventare la regina della casa. È un’astuzia terribile e amara, piena di una finta rivalsa, il cui eco arriva fino a oggi.

 

07-18.02.2018
Teatro Carcano, Milano

24.01.2019
Teatro Mignon, Tirano

25.01.2019
Teatro Cristallo, Bolzano

29-30.01.2019
Teatro Ponchielli, Cremona

02-03.02.2019
Teatro Due, Parma

12-13.02.2019
Teatro delle Arti, Gallarate

14.02.2019
Teatro Sociale Villani, Biella

15.02.2019
Teatro Giacosa, Ivrea

16.02.2019
Teatro Toselli, Cuneo

17.02.2019
Teatro Vittorio Alfieri, Asti

19.02.2019
Teatro Odeon, Lumezzane

21-24.02.2019
Teatro Metastasio, Prato

26.02.2019
Teatro Sociale, Mantova

28.02.2019
Teatro Comunale, Mirano

06-08.03.2019

Teatro Morlacchi, Perugia

19-24.03.2019
Teatro Vascello, Roma

26-28.03.2019
Teatro Comunale, Thiene

29-31.03.2019
Teatro Comunale, Ferrara

02.04.2019
Teatro Civico, La Spezia

04-05.04.2019
Teatro Rifredi, Firenze

 

 

 

Foto di scena