Fedra Esiste.
Vive in un momento.
Quel momento nitido in cui ti senti abbandonato, slacciato da un legame, sradicato dalla terra dove ti eri consolidato nel tempo, sofferente nella solitudine ma sollevato dal giudizio. Il momento in cui ti scopri orfano del cielo.

Le lacrime cadute hanno irrigato la terra del domani e tu sei rinato, germogliato, spinto verso l’alto da una nuova passione. La passione sconsiderata. Senza controllo. Il momento in cui lo perdi, il controllo, e distruggi la tela dell’attesa in favore del tuo desiderio più scorretto. Vivere nel bosco, insudiciare il palazzo con le impronte sporche del fango del peccato: animali feriti che cacciano per nutrire soltanto il piacere. Nessuno può metterci una mano sul capo per ricordarci il giusto, ridicoli davanti ai nostri figli, i genitori sbiadiscono nel tempo, non sentiamo nemmeno più le loro raccomandazioni amorevoli, scomparse nella memoria dei vecchi testamenti. Soli. Siamo solo noi a dover convivere con le nostre azioni, noi a imporci nella responsabilità dell’esistenza. La possibilità di tentare, di osare. Desiderare l’errore. Concedersi Il fallimento. Possiamo chiedere a Fedra di urlare il nostro amore impossibile, fino all’ultimo fiato, fino a quando rimarrà senza voce e tornerà una muta assenza. Fedra è un corpo che chiede, occhi nuovi che uccidono occhi vecchi. Fedra fa ridere e fa paura, come una lotta costante nel profondo, un combattimento tra quello che abbiamo imparato e quello che vogliamo dimenticare. Con il rischio del divertimento. Voglia di stupidaggini.

(Leonardo Lidi)

adattamento
Leonardo Lidi

su testi di
Seneca, Euripide, Ovidio, Sarah Kane e Rithsos

regia
Leonardo Lidi

con (in ordine alfabetico)
Alessandro Bandini, Leda Kreider, Christian La Rosa, Francesca Porrini, Maria Pilar Pérez Aspa

disegno luci
Marco Grisa

assistente alla regia
Alan Alpenfelt

produzione
LAC Lugano Arte e Cultura

partner tecnico
GuestHouse Lugano Center, Fondazione Claudia Lombardi per il teatro

partner di ricerca
Clinica Luganese Moncucco

L’amore di Fedra è un punto di vista

Avrebbe dovuto debuttare a fine novembre 2020, è slittata a data da definire. Fedra, nuova regia di Leonardo Lidi, giovane talento registico tra i più apprezzati del nostro teatro, è un altro degli spettacoli che le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria hanno costretto «tra color che son sospesi». […] Il regista è anche autore della riscrittura di Fedra su testi di Seneca, Euripide, Ovidio, Sarah Kane e Rithsos. Un viaggio tra gli autori di cui, spiega, «alla fine non è rimasto nessuno e la drammaturgia è diventata originale. La cosa importante per me è che questo mito ha attraversato il tempo. E che ancora oggi ce lo racconta». La città morta di d'Annunzio, presentato tra grandi applausi alla Biennale di Venezia 2020; La casa di Bernarda Alba di García Lorca; Lo zoo di vetro di Williams; Spettri di lbsen. E ora Fedra. «Ho bisogno di empatia con i testi - afferma Lidi - sono tappe del mio percorso di studio. Euripide e Seneca sono presenti nel mio quotidiano lavoro sui testi. E più approfondisco la materia, più mi sembrano vicini». Per la riscrittura di Fedra racconta di essere partito dalla «sedia dell’oblio»: «Secondo questo mito, lo sposo di Fedra, Teseo, rimase imprigionato per quattro anni negli inferi; fino a che Eracle, sceso nel tartaro per catturare il cane Cerbero, lo liberò. Ho fatto un parallelismo con quello che stiamo vivendo oggi, con questo virus/Cerbero che ci tiene incatenati. Secondo Virgilio, Teseo tornerà su quella sedia per l'eternità dopo la sua morte. Questo mi ha portato al tema della solitudine. Il testo si basa strutturalmente su tre solitudini: quella di Fedra, di Teseo e di Ippolito, figlio di Teseo e dunque figliastro di Fedra». […] In queste solitudini l'Amore può essere salvezza ma anche tortura. […] In Fedra è importante la ricerca dell’amore in assenza di esso. Mi sono immaginato la sposa di Teseo sola e spaventata su una panchina, in attesa del ritorno di Ippolito, o di Teseo, forse. E mi sono innamorato di questo personaggio».

La Lettura, Corriere della Sera, 17.01.2021
Laura Zangarini