Proseguendo con l’esplorazione speculativa iniziata diversi anni fa con Realismo (2016) e Estado Vegetal - presentato al FIT Festival nel 2017- , il nuovo lavoro della regista e drammaturga cilena Manuela Infante si pone il compito di immaginare un teatro non antropocentrico e non umanista.
Questo per contrastare la nozione moderna di umanità come misura di tutte le cose. Il concetto di “umano” è servito a sostenere e giustificare strumentalizzazioni ed esclusioni significative, non solo nei confronti dei non umani, ma anche verso umani considerati meno che umani. Un teatro non umano è uno sforzo critico, ma anche una pratica speculativa con altre forme di organizzazione e di politica, attraverso la quale si tenta di attuare una sorta di decolonizzazione da pratiche teatrali con al centro l’uomo e modellate sul pensiero umano.
Artista di primo piano della scena sudamericana ma anche direttrice del prestigioso Teatro de Chile, Manuela Infante presenta i suoi spettacoli in tutta Europa e negli Stati Uniti, mentre i suoi testi vengono tradotti sia in inglese che in italiano. Da anni lavora in risonanza con le idee di una corrente di pensiero a volte etichettata come la “svolta non umana”.