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11 novembre 2023

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11:00

Le Colazioni letterarie approfondiscono il Focus Rileggere Dostoevskij con lo scrittore e traduttore italiano Paolo Nori, esperto di letteratura russa

Dopo essere entrato in quella di Fëdor Dostoevskij, Paolo Nori entra in un’altra vita incredibile, quella di Anna Achmatov ma questa volta ci rendiamo conto che, nell’avvicinare Anna a noi come siamo diventati, e noi alla Russia come è diventata, ci troviamo di fronte a un’urgenza crudele, a una figura che ci guarda, ci riguarda, e ci tocca più forte dove siamo ancora umane creature.

«E noi, che cosa stiamo diventando? E io, cosa sono diventato?» si chiede Paolo Nori. E la risposta viene da una lontananza che in verità brucia distanze e porta con sé, come fosse turbine di visioni, di fatti, di sentimenti, e naturalmente di poesia, la vita di Anna Achmatova, viene letta tra le pagine di Vi avverto che vivo per l'ultima volta (Mondadori, 2023).

«Vogliamo raccontare» dice Nori «la storia di Anna Achmatova, la più grande poetessa russa di tutti i tempi nata nei pressi di Odessa nel 1889 e morta a Mosca nel 1966. Anche se Anna Achmatova voleva essere chiamata poeta, non poetessa, e non si chiamava, in realtà, Achmatova, si chiamava Gorenko; quando suo padre, un ufficiale della Marina russa, seppe che la figlia scriveva delle poesie, le disse “Non mischiare il nostro cognome con queste faccende disonorevoli”. Allora lei, invece di smettere di scrivere versi, pensò bene di cambiar cognome. E prese il cognome di una sua antenata da parte di madre, una principessa tartara: Achmatova.» la poetessa diventata, durante la Seconda guerra mondiale, la voce più popolare della Russia sotto l’assedio nazista, successivamente rimessa al bando, sorvegliata, senza mezzi. Non ha smesso di scrivere, anche quando la sua poesia si poteva soltanto passare di bocca in bocca. Ha saputo, alla fine della sua vita, essere quel che voleva diventare: la più grande poetessa, anzi, il più grande poeta russo dei suoi tempi.

Scrittore e traduttore italiano. Ha lavorato come ragioniere in Algeria, Iraq e Francia. Laureato in letteratura russa, ha pubblicato romanzi e saggi, tra i quali Le cose non sono le cose, Bassotuba non c'è, ristampato nel marzo del 2000 da Einaudi Stile Libero. Si chiama Francesca, questo romanzo (2002), Noi la farem vendetta (2006), I malcontenti (2010), I russi sono matti (2019), Che dispiacere (2020) e Sanguina ancora (2021). Collabora con Il Caffè letterario, bimestrale di letteratura ed immagini. Del 2008 sono Mi compro una gilera e Baltica 9. Ha tradotto e curato l'antologia degli scritti di Daniil Charms Disastri (Einaudi), l'edizione dei classici di Feltrinelli di Un eroe dei nostri tempi di Lermontov e delle Umili prose di Puškin. Per UTET pubblica nel 2019 I russi sono matti. Corso elementare di letteratura russa 1820 - 1921, mentre per Salani pubblica nel 2018 La grande Russia portatile e nel 2020 Che dispiacere, il suo primo giallo. Ha tradotto e curato opere, tra gli altri, di Puškin, Gogol’, Lermontov, Turgenev, Tolstoj, Čechov, Dostoevskij, Bulgakov, Chlebnikov, Charms.