Ferdinand Hodler
– Filippo Franzoni

Un sodalizio artistico

13.04 – 10.8.2025

A cura di
Cristina Sonderegger

Introduzione

Ferdinand Hodler (1853–1918) e Filippo Franzoni (1857–1911) sono stati, a titolo diverso, due protagonisti dello sviluppo dell’arte moderna in Svizzera a cavallo tra Ottocento e Novecento. Se è da tempo riconosciuta a livello nazionale e internazionale la centralità della figura di Hodler, il nome di Franzoni, fuori dal cantone Ticino, è generalmente assente o poco ricordato dalla storiografia elvetica del dopoguerra.

 

I due certo si differenziano per origini sociali, carriere e fortune critiche; hanno maturato i rispettivi percorsi artistici in contesti culturali diversi, come diversi sono stati gli intenti e gli esiti raggiunti. Tuttavia, nelle loro opere è possibile rilevare sorprendenti convergenze.

 

A cavallo tra XIX e XX secolo, fase cruciale della storia artistica elvetica, quando il Paese cominciava a beneficiare dei primi sviluppi delle proprie istituzioni culturali e, più in generale, del sistema dell’arte, i loro percorsi professionali e umani si sono più volte incrociati. Sono stati protagonisti del primo autentico scambio culturale tra le diverse regioni linguistiche del Paese, partecipi della presa di coscienza delle specificità di ciascuna e delle opportunità che l’appartenenza alla stessa nazione iniziava a offrire anche in ambito artistico.

 

Entrambi si sono affermati come straordinari interpreti del paesaggio, influendo, ciascuno a suo modo, sulla lettura e la percezione del territorio che hanno dipinto: principalmente il Lago Lemano e le Alpi svizzere nel caso di Hodler, il Lago Maggiore e i dintorni di Locarno nel caso di Franzoni.

 

La mostra al MASI prende le mosse da queste considerazioni, supportate dalla stimolante presenza nel corpus pittorico di Hodler di una serie di paesaggi dipinti proprio a Locarno, nei luoghi cari a Franzoni. Da qui l’idea di un raffronto dialogico volto a mettere in luce aspetti di convergenza e di divergenza nelle rispettive ricerche artistiche.

 

La selezione delle opere di Hodler in seno alla sua vastissima produzione è stata effettuata con l’obiettivo di creare un dialogo pertinente con i dipinti di Franzoni, il cui corpus è decisamente più contenuto. L’insieme offre una rappresentazione significativa delle ricerche artistiche di entrambi. Si possono rilevare sensibilità analoghe nella scelta di taluni soggetti, nel modo di far dialogare gli elementi che li compongono e nell’organizzazione dello spazio pittorico. Allo stesso tempo emergono tendenze divergenti, come l’aspirazione di Hodler alla monumentalità e all’oggettivazione del rapporto con il dato reale e il bisogno di lasciar trasparire la dimensione più soggettiva ed emozionale del rapporto tra essere umano e natura, più proprio di Franzoni.





1

Milano/Ginevra

Dopo una prima formazione presso il vedutista Ferdinand Sommer, Hodler si reca a Ginevra, dove ottiene l’autorizzazione a copiare dipinti presso il Musée Rath. In particolare si confronta con la pittura di Alexander Calame e François Diday, due protagonisti della pittura alpestre in Svizzera che hanno fatto scuola a Ginevra. Scoperto da Barthelémy Menn, a seguito di questa prima esperienza si iscrive alle Écoles de Dessin. Filippo Franzoni segue l’iter formativo classico degli artisti ticinesi presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove è allievo di Giuseppe Bertini. Le sue prime prove denotano il confronto con la pittura di genere ispirata a Emilio Gola e con la pittura prospettica insegnata da Luigi Bisi. La figura è inserita nel paesaggio rurale locarnese oppure nel paesaggio urbano milanese.



Ferdinand Hodler

Der Wasserfall «Pissevache» (Kopie nach François Diday)

La cascata «Pissevache» (copia da François Diday)

1872 circa

 



Ferdinand Hodler

Gewitter bei der Handeck (Kopie nach Alexandre Calame)

Temporale nei pressi della Handeck (copia da Alexandre Calame)

1872 circa

 

Ferdinand Hodler termina nel 1870 la prima formazione presso il pittore vedutista Ferdinand Sommer. Due anni dopo si trasferisce a Ginevra, dove ottiene l’autorizzazione per copiare dipinti presso il Musée Rath. Conosce il pittore Barthélemy Menn di cui diventa allievo presso le Écoles de Dessins.

La cascata «Pissevache» e Temporale nei pressi della Handeck sono esempi di copie realizzate al Musée Rath. Si tratta di due dipinti, il primo di François Diday e il secondo di Alexandre Calame, esponenti di spicco della scuola di pittura di paesaggio ginevrina della prima metà del XIX secolo. I loro paesaggi erano generalmente ispirati all’alta montagna e contraddistinti da atmosfere in cui emerge la rudezza del territorio alpino. La grandiosità delle cime si coniuga alla sensazione di minaccia da parte di una natura poco incline ad essere controllata dall’uomo.

Le cime rocciose delle Alpi elvetiche e quelle più dolci delle Prealpi francesi saranno tra i soggetti preferiti della futura pittura di paesaggio di Hodler.

 

 



Ferdinand Hodler

Les Petits-Lacs

I Petits-Lacs

1878 circa

 

Hodler realizza quest’opera tra la fine degli studi e il viaggio in Spagna, durante il quale acquisirà l’esperienza necessaria a essere riconosciuto come artista a tutti gli effetti.

Questo paesaggio documenta il suo precoce confronto con il tema della simmetria. Si tratta di uno dei pilastri della sua teoria estetica conosciuta con il termine di «parallelismo». Gli altri sono la semplificazione e la ripetizione di forme e colori.

In primo piano un ragazzino è intento a pescare. Seppure non ancora del tutto scomparsa, la figura è accessoria, una presenza secondaria rispetto alla centralità dei pioppi e delle specchiature che generano nell’acqua dello stagno.

 

 



Ferdinand Hodler

Alpenlandschaft (Das Stockhorn)

Paesaggio alpino (Lo Stockhorn)

1882/1883

 

Con questo dipinto Hodler vince il primo premio al 4° Concorso Calame del 1883. I concorsi indetti a Ginevra erano di due tipologie: uno era dedicato alla pittura di paesaggio, l’altro alla pittura di figura.

Il tema del 1883 era, genericamente «Un quadro rappresentante un luogo alpestre».

Hodler sceglie la catena montuosa dello Stockhorn colta a primavera con le cime ancora innevate.

A questo soggetto della regione di Thun, nel canton Berna, fino a quel momento non aveva ancora dedicato la sua attenzione. In primo piano un canneto precede le acque dell’Amsoldingersee, nelle quali si intravede il riflesso delle montagne. Il secondo piano, occupato da una distesa di prati che culmina nella sommità dell’Eggweidberg, accompagna lo sguardo verso il vero e proprio soggetto alpestre che chiude la composizione.

Il canneto e gli spigoli delle rocce disegnano linee verticali, mentre i diversi livelli del terreno, le bande di nebbia e le nuvole tracciano segni orizzontali nel paesaggio.

Si tratta del primo soggetto di alta montagna di grande formato nel quale si riconoscono già scelte formali che diventeranno delle costanti nei suoi paesaggi futuri.

 



Filippo Franzoni

Il Duomo di Milano

1879–1880

 

L’opera ritrae due donne e un uomo sul tetto del Duomo di Milano, intente a godersi la vista dall’alto sulla città. Le diverse tonalità di giallo ocra dell’architettura contrastano con l’azzurro intenso del cielo, conferendo una particolare luminosità all’insieme.

L’opera è da considerare tra le prime prove realizzate da Franzoni, ancora durante gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, che frequenta dal 1876 al 1884.

L’ampio spazio dedicato all’edificio situa l’opera nell’ambito della pittura di prospettiva architettonica, oggetto di un corso accademico, mentre le tre figure in posa la collocano nell’ambito della pittura di genere.

 

 



Filippo Franzoni

La Processione

1880–1881

 

La circostanza del dipinto è la processione che si è tenuta il 14 agosto 1880 in occasione della ricorrenza del quarto centenario dall’apparizione della Vergine al frate Bartolomeo d’Ivrea, evento a cui si fa risalire la fondazione del santuario della Madonna del Sasso di Orselina.

Anche questo dipinto risale agli anni in cui Franzoni frequenta ancora l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.

L’opera ritrae la processione che, dal santuario che occupa la parte superiore del dipinto, lungo le cappelle della Via Crucis scende a Locarno. In primo piano sulla destra, un gruppo di donne e ragazzine assiste al suo passaggio. I loro abiti contrastano con quelli di festa dei partecipanti al corteo. Anche l’atteggiamento fiero, quasi di sfida, della giovane donna che ricorda le lavandaie di Emilio Gola, lascia intendere una diversa appartenenza sociale e di credo tra i due gruppi di persone.

 

 



Filippo Franzoni

Tombe romane a Concordia

1887 circa

 

Franzoni coglie il soggetto di questo dipinto durante una visita a Portogruaro, in occasione di un viaggio a Venezia effettuato nel 1887 quando partecipa all’Esposizione Nazionale Artistica nella città lagunare.

Si tratta del sito archeologico Sepolcreto dei militi, scoperto nel 1873 e nel quale furono condotti scavi fino al 1876, all’origine di uno dei più antichi musei archeologici d’Italia, inaugurato proprio a Portogruaro nel 1888.

È molto probabile che Franzoni non abbia visto di persona lo scorcio dipinto, ma si sia rifatto a fotografie dell’epoca.

Il soggetto è colto in controluce, contraddistinto da una composizione scandita da marcate bande orizzontali. Al prato fiorito in primo piano, fanno seguito la zona d’acqua da cui emergono una serie di tombe, una distesa erbosa, un nucleo di case e un ampio cielo cosparso da nuvole che si riflettono nello specchio d’acqua, conferendo all’insieme un’atmosfera romantica.

 





2

La ritrattistica

Seppure oggi sia acclamato soprattutto come pittore di paesaggio, la ricerca artistica di Hodler si concentra soprattutto sulla figura. Anche la ritrattistica, che sia su commissione oppure libera, occupa un posto centrale nella sua produzione. Franzoni dopo i primi anni Novanta rinuncia invece a questo genere, nel quale si era in precedenza distinto con alcune prove di altissimo livello.



Ferdinand Hodler

Bildnis einer Unbekannten (Die Genesende)

Ritratto di una sconosciuta (La convalescente)

1885 circa

 

Hodler raffigura una giovane il cui volto sofferente e la cui posa affaticata tradiscono uno stato di salute ancora precario.

Ogni attenzione al dettaglio è abbandonata e la composizione articolata da una sucessione di piani e dalla presenza di zone di colore stese in maniera uniforme. Lo sfondo è contraddistinto da due zone monocrome, ovvero il drappo rosa che copre il letto e la tinta marrone chiara della parete. In primo piano, cattura lo sguardo lo scialle rosso che avvolge le spalle della giovane donna. Il viso è modellato da un leggero tocco di luce e i contorni sono disegnati mediante una fine linea scura.

Hodler data successivamente l’opera al 1879; per ragioni stilistiche è però da datare piuttosto verso la metà degli anni Ottanta, avvicinandola ad altri ritratti dalle caratteristiche analoghe.

 

 



Ferdinand Hodler

Selbstbildnis

Autoritratto

1892

 

Questo autoritatto è uno dei numerosi relizzati da Hodler nell’arco della sua carriera.

Risale al 1892, anno in cui si conferma sul piano internazionale, esponendo nuovamente con successo a Parigi, al primo salone dei Rosa+Croce e al salone del Champ-de-Mars. Si rappresenta come uomo soddisfatto e fiero dei propri riconoscimenti, ma anche rilassato e pieno di fiducia nel futuro.

 

 



Ferdinand Hodler

Bildnis Louise Jacques (?) (Mädchen mit Mohnblume)

Ritratto di Louise Jacques (?) (Ragazza con papavero)

1892 circa

 

Per questo ritratto funge probabilmente da modella Louise Jacques, presente anche in alcune composizioni con figura di grande formato.

La raffigurazione di una donna seduta al tavolo, intenta a leggere oppure con un fiore in mano ricorre spesso nelle ricerche condotte in quegli anni.

In questo caso conferisce alla modella una posa frontale e sceglie un’illuminazione da sinistra, leggermente dall’alto verso il basso. Le mani che reggono il bicchiere con il fiore di papavero in primo piano sono giunte, formando un semicerchio. Il colore rosso acceso del fiore contrasta con l’abito nero. La perfetta simmetria è interrotta unicamente dalla lieve inclinazione del volto.

Il gioco tra le parti in ombra e le parti in luce, l’espressione del volto, l’essenzialità delle linee che disegnano il corpo e gli abiti della giovane donna, fanno di questo ritratto uno dei più raffinati e riusciti di Hodler.

 

 



Filippo Franzoni

Punta di Burbaglio

1886 circa

 

Nel dipinto si riconoscono l’insenatura del porto di Muralto, la punta di Burbaglio e, sullo sfondo, le montagne innevate su cui svetta la sagoma del monte Camoghè.

Grazie anche all’assenza della ciminiera della filanda Bacilieri, demolita tra la fine del 1885 e l’inizio del 1886, è stato possibile giungere ad una datazione abbastanza precisa del dipinto.

Franzoni sceglie una composizione articolata dalla presenza ellittica del porto, da marcate linee diagonali e da decisi segni orizzontali caratterizzati dall’incontro tra la superficie dell’acqua e il pendio delle montagne e la frontiera tra le cime e il cielo.

L’opera denota una precoce attenzione alla semplificazione formale e cromatica, nonchè alla rinuncia al dettaglio che contraddistingue numerosi suoi dipinti.

 

 



Filippo Franzoni

Ritratto della madre

1891

 

Franzoni lavora al ritratto della madre in un momento cruciale della sua carriera e ricerca artistica.

Risale al 1890 il suo esordio espositivo in Svizzera, occasione in cui entra per la prima volta in contatto con la produzione dei colleghi d’Oltralpe (e vice versa).

Con questo ritratto egli raggiunge uno degli apici della sua ricerca di semplificazione e sintesi formale, rivelando la conoscenza della stesura en aplat a zone di colore ben definite derivante dalle ricerche dei Nabis.

L’opera è composta dalla sucessione di una serie di piani, introdotta dalla presenza del foglio bianco del giornale che sembra aprire uno squarcio nella tela. Seguono quelli contraddistinti dal blu del vestito e, sullo sfondo, dalla serie di oggetti appoggiati sulla mensola del camino.

Come in altri casi, la resa d’insieme predomina sull’attenzione al dettaglio e all’origine dell’opera vi è una fotografia scattata dall’artista, a cui proprio la madre, qualche anno prima, aveva regalato il primo apparecchio fotografico.

 

 



Filippo Franzoni

Autoritratto

[1900–1903 circa]

 

Filippo Franzoni

Autoritratto

[1903–1905 circa]

 

L’opera di Franzoni è contraddistinta da alcuni autoritratti. Tra questi emergono per forza espressiva e indagine introspettiva i due presenti in mostra.

In entambi i casi sono gli occhi a tradire lo stato d’animo dell’artista, lasciando trasparire preoccupazione mista ad angoscia.

Le posizioni del volto leggermente in diagonale oppure decisamente frontale sono tipologie classiche della traduzione pittorica del «ritratto di se stessi».

La pennellata decisa e a tratti materica, oppure la figura che sembra essere assorbita dallo sfondo – elementi riscontrabili già in Ritratto di giovane con la mantilla – rievocano la ritrattistica degli artisti della Scapiglitura lombarda, con cui Franzoni è stato in contatto durante gli anni milanesi.

 





3

Tra cielo e terra

L’albero, impiegato come elemento di congiunzione tra la terra e il cielo si trova sia nell’opera di Hodler che in quella di Franzoni. Anche la presenza paradigmatica del sentiero che accompagna lo sguardo verso il cuore della rappresentazione e il taglio dell’orizzonte rialzato sono soluzioni compositive condivise da entrambi.



Ferdinand Hodler

Sommerlandschaft bei Interlaken

Paesaggio estivo nei pressi di Interlaken

1888 circa

 

Paesaggio particolarmente luminoso, raffigura sullo sfondo le cime innevate anche in estate del Mönch e della Jung­frau. Le due montagne, rese mitiche anche grazie alle interpretazioni pittoriche di Hodler, sono parzialmente nascoste dalla sagoma dell’Änderberg sul quale si inerpica dal 1893 una delle ferrovie di montagna più famose: la Schynige-Platte-Bahn. Hodler era particolarmente affascinato da questi moderni mezzi di trasporto che permettevano di raggiungere altezze considerevoli e scoprire nuovi punti di vista sul mondo alpino.

 

 



Ferdinand Hodler

Kleine Platane

Piccolo platano

1891 circa

 

Sono numerose le opere di Hodler in cui un albero solitario, che con la sua presenza congiunge l’elemento terra all’elemento cielo, è il protagonista assoluto del dipinto. L’artista lo tratta come se fosse una figura, ponendolo al centro di una composizione simmetrica sia sull’asse verticale che su quello orizzontale.

«Ho fatto il ritratto di un albero», afferma. A suo avviso ogni stato d’animo ha una sua gestualità e le sembianze esterne di una figura devono tradurre la sua interiorità. Analogamente, la raffigurazione di un elemento della natura diventa l’occasione per dare spazio alla sua forza espressiva: gioia, tristezza, malinconia, forza, fragilità vengono trasmesse mediante la sua postura o il suo sviluppo nel paesaggio.

 

 



Ferdinand Hodler

Die Strasse nach Evordes

La strada per Evordes

1890 circa

 

Nella concezione pittorica di Hodler, l’emozione vissuta davanti a un dipinto di paesaggio deve essere suscitata unicamente dalla scelta dei colori e delle linee compositive. In effetti la figura umana, ancora presente nei primi dipinti, è qui completamente scomparsa.

L’artista cerca di riprodurre l’ordine interno alla natura ricorrendo alla ripetizione e alla simmetria. Questi elementi sono presenti in La strada per Evordes e diventeranno ancora più marcati negli anni a venire. L’intera composizione è articolata dalla presenza della strada che la divide in due, accompagnando lo sguardo nelle profondità del paesaggio. Ai due lati una serie di alberi e la sequenza dei loro tronchi intensificano la percezione di una costruzione simmetrica dell’insieme. Questo rigore è frutto della volontà di oggettivazione del rapporto con il dato naturale osservato e conferisce una dimensione sopra-­naturale al paesaggio.

 

 



Filippo Franzoni

Bosco dell’Isolino – autunno

1888–1891 circa

 

L’albero è un elemento costante nei paesaggi di Franzoni. Più la sua presenza si fa rada, più si intensifica il suo valore simbolico. Le leggere chiome che si stagliano nel cielo rafforzano la presenza vitale dei tronchi in controluce. Qui sembrano assumere le sembianze di sinuose figure danzanti.

Alla stesura del colore sullo sfondo in due parti quasi monocrome fa da contrappunto quella a piccole e veloci macchie in primo piano. Oltre ad essere stato pittore, Franzoni è stato anche un talentuoso violoncellista; le vibrazioni cromatiche dei suoi paesaggi sembrano introdurre una dimensione musicale nella natura.

 

 



Filippo Franzoni

Lodano, Valle Maggia, a sera

1897 circa

 

L’opera rappresenta la strada di accesso al paese di Lodano, situato nella valle Maggia.

La stesura del dipinto è preceduta da una serie di fotografie a partire dalle quali Franzoni ha scelto l’inquadratura dello scorcio paesaggistico. Il sentiero accompagna lo sguardo verso il nucleo di case e la chiesa. Le aperture quadrate degli edifici introducono un gioco di geometrie che ritmano la composizione. In primo piano alcune contadine sono intente a svolgere le loro attività nei campi. La loro presenza tende a scomparire nell’ampiezza del paesaggio.

Si tratta di uno dei rari dipinti di grande formato realizzati dall’artista soprattutto in previsione della loro esposizione al pubblico. In effetti lo presenta una prima volta nel 1897 alla Permanente di Milano e un’ultima volta alla Internazionale di Monaco nel 1905. In quella occasione viene acquistato dalla Fondazione Antonio Caccia di Lugano entrando così a far parte della collezione del primo museo d’arte del Cantone Ticino.





4

Specchiature

I paesaggi di entrambi gli artisti sono spesso caratterizzati da elementi che si riflettono sulla superficie dell’acqua. Attraverso questo espediente Hodler moltiplica le stesse forme accentuando l’ordinamento simmetrico del paesaggio. Dal canto suo, nel riflesso, Franzoni opera in genere una semplificazione degli elementi, riducendoli spesso a semplici macchie di colore. Così facendo introduce una nota più sintetica nella composizione.



Ferdinand Hodler

Am Ufer der Maggia am Abend

Sulle rive della Maggia di sera

1893

 

Dal 15 al 28 febbraio 1893 Hodler soggiorna in Ticino, dove realizza almeno sei paesaggi del lago e dei dintorni di Locarno e uno del lago di Lugano. Non è documentato il motivo per cui giunge a sud delle Alpi; è invece ormai certo che Hodler e Franzoni si siano frequentati durante queste due settimane e che il secondo abbia accompagnato il primo nei suoi luoghi prediletti per dipingere.

In Sulle rive della Maggia di sera Hodler ricorre alla tipologia del paesaggio aperto e articolato da una sequenza di superfici che, partendo dalla riva, salgono verso il cielo.  In primo piano, la presenza della riva è appena accennata e anticipa i successivi paesaggi a composizione ellittica, di cui le vedute del lago di Ginevra a partire da Chexbres sono le più compiute.

Hodler coglie il paesaggio al tramonto. Lascia rimbalzare il riflesso delle montagne – ad esempio la forma piramidale del Monte Borgna – e dei sassi sull’acqua, creando così un gioco di rimandi di forme tra la metà superiore e quella inferiore del dipinto.

Questo tipo di inquadratura sembra un fermo immagine di un paesaggio percepito in movimento, ad esempio a partire dal finestrino di un treno, mezzo con cui Hodler soleva spostarsi per andare a dipingere in natura.

 

 



Ferdinand Hodler

Landschaft im Tessin

Paesaggio in Ticino

1893

 

Anche questo paesaggio risale al soggiorno locarnese di Hodler avvenuto nel mese di febbraio del 1893.

A partire dalla campagna di Solduno il suo sguardo è rivolto verso sud-ovest. Sullo sfondo le cime ancora innevate del Monte Ghiridone sono avvolte da uno strato di nuvole, sopra la quali svetta un intenso cielo azzurro. In primo piano le tracce di un cammino accompagnano lo sguardo attraverso un paesaggio arido, contraddistinto da una natura ancora segnata dall’inverno. A questo movimento in profondità si sovrappone una composizione costruita mediante la sedimentazione di diversi elementi paesaggistici: il prato, la collina, le rocce, le nuvole e il cielo.

La tipologia del paesaggio con un cammino che, scemando, va a terminare contro una montagna ricorre con una certa frequenza nella pittura di Hodler.

 

 



Ferdinand Hodler

Der Buchenwald (Le Bois de Châtelaine)

Il bosco di faggi

1885, ripreso nel 1890

e nel 1894 circa

 

Con questo dipinto Hodler partecipa senza successo al 5° concorso Calame del 1885. Il tema di quell’anno era: «Un interno di foresta, un sotto-bosco, con effetto di luce al mattino e un gruppo di boscaioli composto da quattro figure».

La giuria criticò l’opera soprattutto per il fatto che, a suo avviso, l’unità della rappresentazione fosse compromessa dalla mancanza di una gerarchia fra gli elementi. Proprio la semplificazione e la ripetizione di forme e colori in chiave non gerarchica è alla base dell’unità compositiva ricercata da Hodler e successivamente adottata come modello pittorico da numerosi artisti svizzeri. Oggi quest’opera è considerata uno degli emblemi della sua teoria del «parallelismo».

Hodler riprese più volte negli anni il dipinto, cancellando tre dei quattro boscaioli e abbozzando la presenza di alcune figure cammuffate nel mezzo della vegetazione.

 

 



Ferdinand Hodler

Genfersee am Abend von Chexbres aus

Lago di Ginevra di sera visto da Chexbres

1895

 

Con quest’opera, a parimerito con Delta della Maggia di Filippo Franzoni, nel 1895 Hodler vince il secondo premio al 10° concorso Calame di Ginevra. Il tema di quella edizione era il seguente: «Un quadro di paesaggio, raffigurante un lago svizzero, con in primo piano la spianata di un greto, rocce, terreni, mura, costruzioni, ecc. a scelta dei concorrenti».

Si tratta della prima versione del Lago Lemano colto da Chexbres e del primo paesaggio a composizione ellittica, a cui ricorrerà dando forma a numerose varianti un decennio più tardi. Lo scorcio situato tra Montreux e Losanna, con la baia di Cully e le Alpi della Savoia sullo sfondo, è in effetti uno dei preferiti di Hodler.

I tetti delle abitazioni si intravedono appena nel margine inferiore del paesaggio, lasciando intuire il pendio scosceso che scende verso le rive del lago. I rami spogli protesi verso l’alto trasformano gli alberi in scheletriche presenze. Il sole appena tramontato colora di rosa e ocra il cielo e, tramite il suo riflesso, l’ampio specchio d’acqua.

Tra i precedenti di questa tipologia di paesaggio può senz’altro essere annoverata l’opera Sulle rive della Maggia di sera dipinto durante il suo soggiorno a Locarno nel 1893.

 

 



Filippo Franzoni

Saleggi di Isolino

[1891–1894 circa]

 

Uno dei soggetti prediletti da Franzoni sono i Saleggi di Isolino a Locarno, qui colti in una fredda giornata d’inverno. L’aspetto desolato della natura è sottolineato dalla presenza di un boschetto di alberi spogli. Il silenzio e l’immobilità che avvolgono il paesaggio sono interrotti dall’acqua spumeggiante del fiume Maggia che si riversa nel Lago Maggiore.

Le rive del lago tracciano una marcata doppia diagonale nella composizione.

Si tratta di uno dei paesaggi più sorprendenti per grado di sintesi formale e semplificazione della paletta cromatica, paragonabile solo al Ritratto della madre.

Nel 1894, in occasione della sua presenza all’Esposizione Nazionale Svizzera di Belle Arti di Berna, il critico del quotidiano «Der Bund» scriveva:

«Trova poca comprensione il paesaggio invernale [...] di Filippo Franzoni, poiché qui da noi ci si aspetta colori brillanti dai paesaggi al sud delle Alpi. In questo caso, il pittore, vero e inesorabile, non ha fatto la minima concessione a questa aspettativa. La sua opera sembra essere stata dipinta con appena tre colori, prevale una tonalità di grigio e ogni fascino accattivante è stato volutamente evitato con una severità e un’asprezza tale da allontanare gli spettatori, i quali non si prendono la briga di esaminare il quadro più da vicino. Ma per chi la briga se la prende e mantiene anche la giusta distanza dal dipinto, il paesaggio acquista immediatamente pregio. In particolare, è reso bene lo spumeggiare delle acque della Maggia che sfociano nel lago; non di meno, il quadro rimane una scena invernale grigia e gelida. Ma vuole forse essere qualcosa d’altro? Franzoni sembra essere uno di quegli artisti che, soprattutto per la propria coscienza artistica, devono vivere e dipingere incuranti del giudizio del pubblico».

 

 



Filippo Franzoni

Delta della Maggia

1895 circa

 

Con quest’opera, a parimerito con Lago di Ginevra di sera visto da Chexbres di Ferdinand Hodler, nel 1895 Filippo Franzoni vince il secondo premio al 10° concorso Calame di Ginevra. Il tema di questa edizione, aperta a tutti gli artisti svizzeri, era il seguente: «Un quadro di paesaggio, raffigurante un lago svizzero, con in primo piano la spianata di un greto, rocce, terreni, mura, costruzioni, ecc. a scelta dei concorrenti».

Franzoni rispetta pienamente il tema del concorso: sceglie una veduta del Lago Maggiore, colta dalla riva verso il Bosco Isolino, situando in primo piano due barche con un pescatore e lasciando intravedere alcuni massi ai bordi dell’acqua. L’insieme è contraddistinto da una diffusa presenza del colore azzurro-turchese con cui dipinge sia il lago che le montagne sulla riva opposta del Gambarogno. In mezzo a questo ampio paesaggio, in cui coesistono attenzione al dettaglio e all’effetto d’insieme, una solitaria barca sta tornando al porto, mentre sui prati dell’Isolino pascolano alcune mucche.

Con questo dipinto Franzoni si fa definitivamente notare e apprezzare dalla critica e dai colleghi d’Oltralpe; lo presenta alle più importanti esposizioni – tra cui l’Esposizione universale di Parigi del 1900 – prima che venga acquistato, l’anno seguente, dalla Confederazione svizzera.

 

 



Filippo Franzoni

L’Isolino con bambine

1900 circa

 

Franzoni rappresenta le sue nipotine, mano nella mano, intente a giocare all’ombra degli alberi del bosco dell’Isolino. Questa giornata è documentata anche da una serie di fotografie scattate dall’artista.

Le bambine sono due semplici macchie bianche. Gli alberi disegnano una trama di parallele verticali nella composizione attraverso la quale si intravede l’azzurro del lago. Un tronco posizionato in diagonale in primo piano spezza il ritmo lineare dettato dagli altri tronchi posti più in lontananza.

La stesura piuttosto magra del colore costellata da piccole macchie in punta di pennello, la giustapposizione del giallo e del verde e le aperture tra le foglie lasciate in bianco immergono questo scorcio di natura in una luce nitida e brillante.





5

Monumentalità/introspezione

Hodler costruisce la sua carriera internazionale tramite la presentazione al pubblico di grandi composizioni con figure di matrice simbolista: sono soprattutto queste che presenta in occasione delle grandi mostre collettive. Qui egli afferma la sua teoria del «Parallelismo», incentrata sulla ripetizione di forme e colori e sulla simmetria. In queste opere si manifesta anche la sua aspirazione al monumentale, che trova sbocchi pure nella pittura di paesaggio. Seppure non abbia mai completamente abbandonato la figura, nel caso di Franzoni questa resta sempre e chiaramente subordinata al paesaggio. Nelle ultime opere del Locarnese il colore si impasta e la figura diventa un tutt’uno con la natura: tutto sembra fondersi e confondersi in un vortice confuso di linee e colori. La dimensione soggettiva prevale sull’aspirazione all’oggettivazione del rapporto con il dato reale, propria invece di Hodler.



Ferdinand Hodler

Anbetung

Adorazione

1894

 

In questo dipinto Hodler focalizza la sua attenzione sul bambino inginocchiato, al centro di una delle sue grandi composizioni con figure intitolata Der Auserwählte (l’eletto). Gli fa da modello il figlio Hector, nato nel 1887 dalla relazione avuta con Augustine Dupin.

Nella grande composizione il bambino è inginocchiato davanti a una piccola pianta, il volto rivolto verso l’alto, attorniato da sei figure femminili alate sospese in aria. In questo caso il dispositivo simbolico e narrativo è assente; tutto si concentra nel gesto e nella posa di preghiera del ragazzino. Si tratta di uno dei dipinti più vicini alle teorie dei Rosa+Croce al cui salone parigino Hodler aveva esposto nel 1891.

Adorazione è inoltre il primo dipinto acquistato nel 1897 dal collezionista di Soletta Oscar Miller, pioniere del collezionismo di arte moderna svizzera a fine Ottocento. Nella sua collezione si trovavano anche due opere di Franzoni. Una aveva come soggetto un arcobaleno. Si tratta con tutta probabilità di una copia in formato ridotto della prima versione di Dopo il temporale, dipinto sottostante all’omonima opera esposta nella stessa sala.

 

 



Ferdinand Hodler

Die Empfindung

L’Emozione

1909 circa

 

Quattro figure, ognuna con una gestualità e una postura propria, incedono con un leggero movimento di danza in un paesaggio appena abbozzato, cosparso da alcuni radi gruppi di fiori rossi. La prima versione dello stesso soggetto risale al 1905 circa. In questo caso siamo lontani da ogni intenzione realistica: ricorrendo ad una forte stilizzazione l’artista accentua il carattere decorativo del dipinto.

Nel corpus di Hodler sono numerose le raffigurazioni di figure femminili in movimento, sole o in gruppo. Il confronto con la trasposizione pittorica del movimento e del ritmo suggeriscono un’attenzione alle teorie sviluppate nell’ambito della ritmica da Émile Jaques-Dalcroze, in particolare per ciò che riguarda l’insegnamento della percezione della musica attraverso il movimento. A lui deve molto la danza libera ed espressiva, in pieno sviluppo a partire dagli anni Dieci del XX secolo e che avrà sul Monte Verità di Ascona, fondato nel 1913 da Rudolf von Laban, uno dei centri all’avanguardia a livello mondiale.

 

 



Ferdinand Hodler

Genfersee mit Savoyer Alpen

Lago di Ginevra con le Alpi della Savoia

1906 circa

 

Ferdinand Hodler

Genfersee mit Savoyer Alpen

Lago di Ginevra con le Alpi

della Savoia

1911

 

Attraverso due punti di vista e prospettive diverse, una più dall’alto, l’altra più vicina al bordo dell’acqua, Hodler rappresenta il Lago di Ginevra con le Alpi della Savoia sullo sfondo. Il formato verticale accentua la percezione della profondità del paesaggio. In questo caso il contrasto tra le sponde delle montagne in luce e quelle in ombra conferisce corpo alle vette. Una leggera nebbia stempera il confine tra l’acqua e la terra ferma. Nel secondo caso, il formato orizzontale rafforza la dimensione aperta del paesaggio. Seppure appena profilate, le sagome delle montagne che disegnano la catena montuosa sono comunque ben riconoscibili: da sinistra il Dent d’Oche, seguito dal Mont Ouzon, dalla Pointe de Tréchauffé e dal Mont Billiat.

 

 



Ferdinand Hodler

Der Niesen von Heustrich aus

Il Niesen visto da Heustrich

1910

 

L’inconfondibile forma piramidale del Niesen ha attirato l’attenzione di Hodler sin dalla metà degli anni Settanta. Nei paesaggi dei primi anni del XX secolo la forma della montagna diventa spunto per composizioni dalle linee semplificate, e offre l’opportunità di giochi di simmetria sia sull’asse verticale che su quello orizzontale mediante specchiature nel lago di Thun.

In questo caso la massiccia fattezza della montagna è posta al centro di un barocco vortice di nuvole che introducono una componente decorativa nella composizione. Emergono inoltre le ambizioni di monumentalizzazione e di ricostruzione oggettiva del dato naturale, che dopo il 1910 convivono con paesaggi dai tratti sempre più astratti.

 

 



Filippo Franzoni

Narciso

[1903–1905 circa]

 

Il titolo dell’opera identifica il soggetto: si tratta di Narciso, situato ai bordi di uno stagno e intento ad ammirare il proprio riflesso nello specchio dell’acqua. Franzoni si appropria di questa scena mitologica e la traspone nei propri paesaggi ambientandola in una delle tante piccole radure cosparse di pozze che contraddistinguono la zona del delta del fiume Maggia.

I tronchi degli alberi e la sagoma del giovane ritmano lo spazio. Il ripetersi della verticalità confonde gli elementi, al punto che la figurina a momenti sfugge all’occhio per farsi tronco, albero.

In un clima di intima comunione con la natura, Narciso si fonde e diviene un tutt’uno con essa, consapevole di essere solo una minuscola parte di un insieme immensamente più vasto.

 

 



Filippo Franzoni

Apparizioni – Saleggi con figure danzanti

[1905–1908 circa]

 

Il dipinto è caratterizzato dalla presenza di figure ora sedute, ora distese sull’erba oppure danzanti nel bosco. L’ambiente appare vitale ed emozionalmente denso, sensazione rafforzata dalla stesura vibrante e materica del colore.

Le figurine danzanti attorno all’acqua contrastano con la sagoma scura, silenziosa e immobile in primo piano.

Franzoni è stato uno dei pochi ticinesi a frequentare la colonia del Monte Verità di Ascona. Qui soggiorna per alcune settimane nel 1904 per seguire una cura vegetariana.

La presenza nei suoi paesaggi di figure che danzano in cerchio tenendosi per mano rievoca il cerchio di danza euritmica che veniva praticato sulla collina della «Monescia» dove la colonia si era stabilita.

 

 



Filippo Franzoni

Dopo il temporale

[1898–1900 circa]

 

La versione di Dopo il temporale giunta ai giorni nostri è stata dipinta sopra ad una prima versione esposta nel 1898, scoperta essere sottostante grazie ad una radiografia, e ancora documentata da una fotografia in bianco e nero dell’epoca.

È difficile affermare con certezza se sia stato questo lo stato del dipinto esposto all’Esposizione universale di Parigi del 1900, oppure se l’artista sia intervenuto sull’opera ancora successivamente.

In ogni caso essa emerge nel corpus di Franzoni: si tratta dell’unico dipinto di grande formato in cui l’artista si è concesso delle libertà nella trattazione pittorica altrimenti riservate a formati molto più ridotti.

Questo paesaggio lacustre colto dopo un temporale è contraddistinto da un vortice di colori e segni che rendono difficile la lettura del soggetto: tutto si ingruma, si impasta, si confonde, sembra ruotare attorno ad una sorta di buco nero situato al centro della tela, nel quale la materia appare destinata a scomparire.