Lingua Madre.
Capsule per il futuro.

Preludio

Quelli che troverete qui sotto sono frammenti di visioni, un elenco di suggestioni che apre spiragli a campi di ricerca più vasti; una dichiarazione di intenti. In quanto artisti che riflettono sul presente la nostra natura è ambivalente: si affida ai classici per orientarsi sulla complessità del contemporaneo. Abbiamo dato vita ad una redazione con l’obiettivo di creare tavoli di confronto che diano corpo ai quesiti riportati nell’indice. Solo accettando il fallimento in cui siamo sprofondati potremo muovere ipotesi di prossime realtà.

1 Per un Processo che non sia un Prodotto

Per una pratica artistica che sia etimologica e non commerciale. Per un’idea di lavoro teatrale la cui forma per il pubblico sia solo un complemento. Per un esercizio della sperimentazione aperto a ogni contraddizione.
Siamo parte di una società che tende a semplificare il linguaggio per autolegittimarsi, limitandone il potenziale esplorativo. Questo approccio indifferenziato complica il viaggio verso l’abisso della creazione e impedisce all’artista di far esplodere le forme. Intendiamo perciò ristabilire una dialettica tra le componenti primarie del linguaggio che restituisca dignità e simboli alla complessità che ci attraversa. Per questo parliamo di processo. Non sono le forme gli obiettivi della nostra ricerca, ma la materia che le genera.

2 Recupero e salvataggio del corpo

Per un superamento della divisione radicale tra corpo biologico e sua rappresentazione. Per un ritorno alla fisiologia elementare. Per un corpo come riserva di cultura e non come immagine o mezzo di idolatria. Il corpo come vincolo per la conoscenza. Il corpo come predicato nominale.
È necessario indagare ancora l’unicità del corpo e quindi della sua fine, la morte. Per la prima volta l’uomo si è trovato ad affrontarla senza rito, senza sacralità di passaggio, senza accompagnamento. Questa astrazione funzionale dell’esistenza è sorretta dalla centralità della tecnologia e della tecnica. Per questo tenteremo di recuperare gli elementi realistici, simbolici, metaforici, linguistici che formano l’identità dell’individuo.
Abbiamo inventato la casa perché abbiamo dei tessuti e degli organi che ci compongono e ci racchiudono. Qualunque invenzione parte dal corpo. Tutto è legato al corpo, anche la parola.

3 Contro il mercato: legati al prima e al dopo senza riserve

Ogni manifesto si oppone al proprio tempo. La peculiarità del nostro è quella di escludere il passato come riferimento, anche in ottica belligerante. Questo è il risultato dell’esasperazione del commercio nel mondo dell’arte: il mercato dei teatri, dei festival, della letteratura, delle case d’asta. Ha valore solo ciò che è presente, e ciò che è presente è tale perché funziona. Tutto questo è reso possibile dall’iper-comunicazione che anima la rete. La nostra indagine è una forma di resistenza al patto commerciale tra arte e tecnologia. La tecnologia, in quanto linguaggio, ci serve come strumento di conoscenza.
Dei suoi giovani apparati siamo già saturi. Proprio per questo abbiamo il compito di cercare quel varco che ci introduca ad una realtà altra, più intima, più ancestrale. Il nostro modo per indagare il presente è starne fuori, fuori da ogni moda. Soltanto la distanza permette allo sguardo di cogliere realmente l’oggetto.

4 La tecnica che si ipotizza

Un patto con la tecnica deve essere di conoscenza e non di consumo. Pensiamo la tecnica come un dato di fatto, come un ente infinitamente futuribile, come protagonista del processo storico. Ne rispettiamo la prepotenza ma ne rifiutiamo l’egemonia: non è oggetto o soggetto della creazione artistica, la tecnica deve tornare a ciò che è sempre stata.
Complemento di mezzo, di modo, di concessione che risponde alle domande: come? In che modo? Nonostante cosa? La tecnica è contraddizione eterna tra mezzo e ostacolo. Non vogliamo fare come Astolfo che pensa di fuggire sulla luna per evitare l’archibugio. Siamo già al di là della distruzione di massa. Siamo già stati annientati e siamo già stati idealmente sostituiti dalla tecnica. Ci stiamo già immaginando un mondo in cui il nostro corpo non esisterà più. Il computer sarà la nostra memoria. Le appendici tecnologiche fanno già parte del nostro patrimonio genetico. Sentiamo di essere testimoni di una fine: riteniamo necessario che teatro e tecnica restino in dialogo affinché le ritualità funebri vengano indagate in un possibile rinnovamento.
Non sappiamo perché né a cosa servirà, ma sappiamo che dobbiamo farlo. É necessario che ancora qualcuno, nel mondo, si possa muovere fuori dall’utilitarismo. Potrebbe essere necessario ricostruire un ordine letterario come sistema di orientamento.

5 A nudo l’idea di linguaggio

Spogliare la parola da una ritualità pretestuosa. Dobbiamo ristabilire i sistemi di linguaggio che dominano la pratica teatrale. Svelare la manipolazione che cercano di attuare. Tornare ad uno spirito critico, incoraggiare una vera critica dello spirito. Il sistema di linguaggio come predicato verbale.
Abbiamo pensato che la parola abitasse organicamente il corpo. Non è più così, forse non lo è mai stato. L’unico linguaggio verbale non estraneo al corpo è quello poetico, immaginifico, simbolico.
Qual é la nostra lingua madre?

6 Imbarazzo dello spazio-tempo

Non può essere pensata una rappresentazione fuori dalla crisi della spazialità e della temporalità. La tecnica ci mostra la via: noi ci opponiamo e ne abbracciamo i mezzi. Ciò che viene messo in scena non è più “qui ed ora”. É “ovunque e sempre". Valorizziamo l’idea di sincronismo e di olismo. Tutto ciò che pervade lo spazio-tempo, la Storia e le innumerevoli narrazioni, va ripensato con uno sguardo critico ma privo di giudizio. Lo spazio-tempo come complemento di limitazione.

7 Analisi logica

La rappresentazione della realtà uccide il significato. Portiamo alle radici della parola scenica la parola anatomica. Declinare l’analisi logica a critica del lògos, come analisi del reale, come organizzazione e come progetto.
L’analisi logica è patrimonio linguistico o è frutto di un’imposizione paternalistica della Storia?
Portiamo l’indagine verso lo smantellamento delle regole logiche e grammaticali, negli attimi in cui il linguaggio cerca altre vie: nell’errore, nel difetto, nei neologismi.

8 I dimenticati e la dimenticanza

Un teatro che ponga le narrazioni dei dimenticati in primo piano, senza filtri. Un teatro che non abbia la presunzione di fare proprie le narrazioni altrui, di edulcorarne il linguaggio, di cospargerle di patine politiche. I dimenticati come altri possibili soggetti, come attuatori di narrazioni parallele alle nostre. La dimenticanza come complemento di termine della pratica artistica.

9 Caos

Ritagliare l’individuo per renderlo compiuto, per renderlo autonomo e critico. Ritagliare l’individuo significa compiere un’autopsia. Dare un nome alle parti della carne e dare carne alle parti del discorso. L’individuo come risultato della contraddizione tra corpo e linguaggio. L’individuo che si muove nel caos genera caos. Caos economico, sociale, artistico. Caos come complemento di luogo e di tempo. Caos come complemento oggetto. Caos come contraddizione. Caos come equilibrio tra individuo e tecnica.
Avvertiamo ancora il bisogno di un esercizio di libertà, una libertà da verificare anche laddove la manipolazione non può essere evitata.

10 Mnemosine

Riscoprire il valore di tutti i sensi e il loro apporto alla nostra facoltà di memorizzare, al di là dello sguardo perpetuo rivolto all’interfaccia. Portare alla luce tutte le conseguenze del predominio del digitale sulla nostra necessità di memoria.
Il digitale ci sta già modificando a livello neurologico data la presunta possibilità di avere facile risposta a tutte le domande e colmare dimenticanze. Il cervello risparmia energie dove può. Quando non è stimolato a mantenere una memoria perché può recuperarla in ogni momento attraverso una semplice ricerca sul web, il cervello perde la capacità cognitiva e con essa la sua capacità di pensare e apprendere. Si disperde l’attenzione inibendo la motivazione personale e si crea scompiglio disfunzionale a livello emotivo. La memoria profonda è quella più connessa con la nostra identità personale perché noi siamo anche i nostri ricordi. Proprio l’archiviazione e la selezione dei ricordi più significativi determinano chi siamo. Attraverso questi parametri che abbiamo costruito con le nostre esperienze nel tempo, leggiamo la realtà che ci circonda e ci muoviamo nel mondo.

Lorenzo Conti
Angela Dematté
Riccardo Favaro
Carmelo Rifici
Francesca Sangalli
Paola Tripoli