
Foto: Duccio Burberi

Antigone
di Sofocle, regia Massimiliano Civica
Scritture di scena

Il rischio che si corre nel mettere in scena l’Antigone è quello di farsi influenzare da ciò che tutti abbiamo ‘sentito dire’, il rischio cioè di prestare più ascolto alle interpretazioni critiche, politicamente e ideologicamente orientate, a cui è stata sottoposta quest’opera nel corso dei secoli, che al testo stesso di Sofocle. Per ‘sentito dire’, tutti sappiamo che Antigone, dall’inizio alla fine della storia, è nel giusto, che è una sorta di santa laica che combatte per una nobile causa, mentre Creonte è un tiranno autoritario che commette e vuole solo il male. Ma se così fosse, saremmo davanti a un melodramma, non a una tragedia greca. La tragedia mette sempre in scena invece una situazione limite, in cui non è più pacifico dove sia il torto e dove la ragione.
La nuova traduzione del testo mette in luce il fatto che Sofocle accomuna Antigone e Creonte in una identica colpa: quella di avere la presunzione di essere eccezionali, di essere migliori di tutti gli altri, ovvero di essere, per intelligenza e qualità umana, ‘fuori dalla norma’. Il loro destino tragico è stabilito dal loro carattere superbo e dalla loro incapacità di dare ascolto alle ragioni degli altri.
Il messaggio sconvolgente e attualissimo che l’Antigone fa risuonare oggi, grazie alla capacità che ha un classico di generare significati sempre contemporanei, è che è proprio il carattere che hanno le persone che svolgono un ruolo pubblico a essere una questione di tremenda rilevanza politica e interesse comunitario. Sofocle ci suggerisce che, al di là dell’essere ‘di destra o di sinistra’, è il carattere superbo dei leader politici che rischia di procurare danni al bene comune.